Ha preso il via il 23 febbraio di quest’anno, reclutando, a oggi, già circa 15 mila volontari. Parliamo di YouGoody - la ricerca bella e buona, studio prospettico promosso dall’Istituto nazionale dei tumori (Int) di Milano, con la collaborazione di Esselunga e nato con l’obiettivo di comprendere i consumi alimentari, l’attività fisica praticata e altre informazioni nell’ambito dello stile di vita e dello stato di salute, su un campione stimato di almeno 100 mila persone over 18.
La carenza di vitamina D non solo è un fattore di rischio per l’infezione da Covid-19, ma si correla anche con il cosiddetto long-Covid, condizione che si manifesta una volta che il paziente è guarito e che può essere presente a circa tre mesi dalla fase acuta fin nel 50-70% dei pazienti. A evidenziarlo, un recente studio pubblicato su The journal of clinical endocrinology & metabolism, coordinato da Andrea Giustina, primario dell’Unità di Endocrinologia dell’irccs Ospedale San Raffaele di Milano.
Dopo l’acceso dibattito scatenato dal lavoro pubblicato a luglio sul New England journal of medicine, ecco altri due studi, questa volta ospitati dal British medical journal che mettono in discussione l’utilità della vitamina D, questa volta nella prevenzione di infezioni del tratto respiratorio, con particolare riguardo al Covid-19. Ancora una volta, però, sono gli stessi Autori a identificare alcuni limiti del protocollo, con un editoriale di commento che ribadisce l’attenzione a situazioni di ipovitaminosi in gruppi di popolazione particolarmente a rischio.
Almeno il 5% dei pazienti guariti dal Covid-19 continua a mostrare, a distanza di tempo, alterazione di gusto e olfatto. Qualcosa come 27 milioni di persone nel mondo, considerato che sono circa 550 milioni i casi ufficialmente confermati a oggi. A fornire questi numeri, una ricerca pubblicata sul British medical journal che ha preso in esame i dati di 18 studi osservazionali che hanno indagato il fenomeno dell’ageusia e dell’anosmia su quasi 4 mila pazienti Covid guariti.