Negli Stati Uniti, la maggior parte delle donne in gravidanza e in allattamento fa uso di integratori alimentari a dosaggi superiori rispetto a quanto raccomandato. È bene, perciò, che medici e nutrizionisti abbiano l’occhio vigile, per consigliarne l’impiego nella maniera più corretta e mirata. Il monito arriva da uno studio americano, condotto dalla Purdue University, nell’Indiana, in collaborazione come le università dello Utah e del Colorado e pubblicato su Obstetric & Ginecology.

Gli integratori alimentari a base di zinco e acido folico non sembrano migliorare la fertilità maschile, secondo quanto riportato in uno studio appena pubblicato su Jama e condotto dall'Eunice Kennedy Shriver National institute of child health and human development (Nichd), parte degli Hih (National institutes of health). 

Era il 1869 quando Jules Raulin descrisse, per la prima volta, lo zinco come un componente essenziale per la crescita di una muffa, l’Aspergillus niger. Da questa osservazione, lo zinco ha dimostrato di essere un cofattore per oltre 300 metalloenzimi e 2 mila fattori di trascrizione.

I dati attualmente presenti in letteratura indicano nello zinco un oligoelemento essenziale per l'attivazione o la stabilizzazione strutturale di un gran numero di enzimi e fattori di trascrizione, nonché della risposta immunitaria e antiossidante e dell'apoptosi.

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