Persona istruita che vive in città, tendenzialmente al Centro Nord e nelle Isole. Questo l’identikit della figura tipo che in Italia segue la dieta mediterranea secondo uno studio del Crea Alimenti e Nutrizione, pubblicato su Frontiers in Nutrition e coordinato dalle ricercatrici Laura Rossi e Vittoria Aureli, dal quale emerge, peraltro, come proprio la Campania risulti tra le regioni meno virtuose nel seguire i precetti dettati proprio in quella regione da Ancel Keys, il fisiologo statunitense che lì visse, studiò e coniò il termine attribuito a questo modello di dieta.

Si terrà a Napoli, presso l’Università Federico II (sede di Monte S. Angelo), dal 4 al 6 aprile prossimi il 42° Congresso nazionale della Società italiana di nutrizione umana (Sinu). Tre giorni di lavori inaugurati dalla lettura magistrale di Paolo Giulierini, direttore del Museo archeologico nazionale di Napoli, su “L’archeologia della Dieta mediterranea”. Sempre nella prima giornata, da segnalare i simposi su “Sostenibilità delle diete”, “Il futuro delle linee guida sui grassi” e “Le nuove sfide della ristorazione collettiva”.

Cina e Usa sono i Paesi che possono mettere a rischio l’obiettivo che l’Oms si è data di ridurre entro il 2025 del 30% il consumo di sale a livello mondiale. Il dato emerge da uno studio pubblicato su Bmj open che ha esaminato decine di migliaia di prodotti trasformati a base di carne e pesce presenti nei supermercati di cinque nazioni che proprio l’Oms sta monitorando per verificare il trend rispetto agli obiettivi prefissati: Usa, Uk, Australia, Cina e Sud Africa.

Sono stati recentemente pubblicati sulla rivista internazionale Foods i risultati di un nuovo studio condotto da alcuni ricercatori del gruppo di lavoro “Sinu Giovani” nell’ambito del progetto Food labelling of italian products (Flip), che da anni valuta la qualità nutrizionale dei prodotti confezionati maggiormente presenti sul mercato italiano. Obiettivo dei ricercatori, questa volta, indagare se i cereali da colazione presenti negli scaffali dei supermercati con claim nutrizionali avessero effettivamente una composizione nutrizionale migliore di quelli senza indicazioni.

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