Nel mondo, le erbe più comunemente utilizzate per perdere peso sono la Garcinia cambogia, la Camellia sinensis, la Hoodia gordonii, il Citrus aurantium e il Coleus forskohlii.

Il 40% delle persone obese non si considera affetto da una malattia cronica, mentre tale, invece, è considerata l’obesità dal 91% dei medici. Le raccomandazioni più frequenti dei medici alle persone con obesità sono di migliorare le abitudini alimentari e praticare attività fisica, raramente di ricorrere a farmaci o alla chirurgia bariatrica. Poco frequente il consiglio di rivolgersi a nutrizionisti o dietisti. Sono i principali risultati della survey condotta in Italia, all’interno dello studio internazionale Action-Io. I dati italiani sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Eating and weight disorders - Studies on anorexia, bulimia and obesity.

L’obesità tra i principali pericoli per l’aggravamento del quadro clinico da Covid-19. Crescono ormai le evidenze mano a mano che vengono pubblicati i dati delle casistiche internazionali, con un’indicazione che sembra rendere il Bmi (Body mass index) il secondo fattore di rischio dopo l’età avanzata.

Un ampio studio che ha seguito più di un milione di donne inglesi per quasi due decenni ha scoperto che l'obesità nella mezza età è collegata a un maggior rischio di demenza in futuro. Al contrario, la cattiva alimentazione e la mancanza di esercizio fisico sarebbero assolte.

Alcuni studi precedenti avevano suggerito che una dieta povera o la mancanza di esercizio fisico aumenterebbero il rischio di demenza. Tuttavia, i nuovi risultati sembrano dimostrare che questi fattori siano legati più a sintomi a breve termine, come mangiare male ed essere inattivi, segnali prodromici di malattia.

Il nuovo studio, pubblicato su Neurology, ha coinvolto circa 1.137.000 donne, con un'età media di 56 anni, senza segni di demenza all'inizio dello studio. Sono stati raccolti dati su altezza, peso, dieta ed esercizio fisico. L'obesità era definita da un Bmi ≥ 30. Le donne che facevano esercizio fisico meno di una volta alla settimana sono state considerate inattive; la dieta abituale delle donne è stata utilizzata per calcolare l'apporto calorico.

Le donne incluse nello studio sono state seguite per una media di 18 anni. Dopo 15 anni dall'inizio dello studio, a 18.695 donne è stata diagnosticata la demenza. Dopo adeguamento dei risultati per età, istruzione, fumo e molti altri fattori è emerso che le donne che al basale erano obese avevano, a lungo termine, un rischio maggiore di demenza del 21% rispetto a quelle con Bmi di 20-24 Kg/m2: diagnosi di demenze è stata fatta nel 2.1% delle obese e nell'1,6% delle altre.

Trend inverso per dieta scadente e inattività: rischio più elevato nei primi 5 anni che va poi scomparendo a 15 anni.

"Le associazioni a breve termine tra demenza e inattività fisica, basso apporto calorico e basso indice di massa corporea sono probabilmente un segnale di demenza preclinica che influenza comportamento e perdita di peso", osservano i ricercatori. "Nel nostro lavoro, l'obesità di mezza età risulta l'unico fattore causale correlato a demenza, probabilmente in virtù dei suoi effetti sulla malattia vascolare. Sono necessari ulteriori studi per capire, per esempio, se un ulteriore indicatore come l’obesità addominale produca gli stessi risultati. Altro obiettivo futuro, verificare il rischio nelle obese più giovani”.

 

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