"I mangiatori emotivi consumano cibo per soddisfare il cervello piuttosto che lo stomaco", sottolinea Nicolas Girerd, cardiologo presso l'ospedale universitario di Nancy e coordinatore dello studio. “Un modo di alimentarsi con maggiore consapevolezza può aiutare a rompere questa abitudine, magari prendendosi i tempi giusti per mangiare, senza, per esempio, essere distratti da telefono o Tv”.
Lo studio si è concentrato su 1.109 partecipanti alla coorte Stanislas, che ha arruolato genitori e adolescenti nella regione della Lorena, nel nord-est della Francia, tra il 1993 e il 1995. Il tasso emotivo collegato all’assunzione di cibo è stato valutando mediante il Dutch eating behaviour questionnaire, mentre la presenza di danno cardiovascolare è stata valutata, dopo un follow up medio di 13 anni, misurando l’onda del polso carotideo-femorale, indicatore di rigidità arteriosa e la disfunzione diastolica, spia di insufficienza cardiaca.
Tra i 916 adulti, l’alimentazione emotiva è risultata associata a una maggiore velocità dell'onda del polso (arterie, dunque, più rigide) e ad aumento del 38% del rischio di disfunzione diastolica, legato per il 32% allo stress. Nessuna correlazione tra i giovani.
"Il sistema di ricompensa può essere particolarmente importante tra le componenti dell’alimentazione emotiva, laddove mangiare può ridurre l'ansia e i cosiddetti cibi di conforto possono attenuare la risposta allo stress ", sottolineano gli Autori.
Altra curiosità, è che il danno vascolare non sembra correlato a un’alimentazione ipercalorica causata dallo stress ma, piuttosto, a riflessi sul cuore di una sorte di sindrome yo-yo, ovvero l’alternanza di periodi di abbuffate quando sotto stress ad altri di nutrizione controllata quando in situazioni emotive di maggiore tranquillità.
Così concludono gli Autori: “Gli sforzi per prevenire le malattie cardiovascolari dovrebbero contemplare anche interventi sui comportamenti alimentari e non solo sugli aspetti nutrizionali. Le tecniche per fronteggiare l’alimentazione emotiva sono già utilizzate per aiutare le persone obese. Il nostro studio suggerisce che queste strategie dovrebbero essere estese a chiunque abbia tali tipi di comportamenti, indipendentemente dal peso, per prevenire potenziali danni cardiovascolari nel corso della vita”.
Nicola Miglino