Frutta e verdura non bio: in Usa scoppia il caso della “sporca dozzina”

11 Maggio 2022

Fragole, spinaci, cavolo. E poi, ancora, pesche noci e mele. Questa la top five nella classifica di frutta e verdura non biologiche con maggiori residui di pesticidi stilata in Usa dall’Environmental working group, organizzazione ecologista no profit che annualmente prende in esame i campionamenti del dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti (Usda) per misurare i livelli di contaminazione.

La “sporca dozzina”, come viene definita dagli autori, comprende, nell’ordine: fragole, spinaci, cavolo riccio-nero e senape indiana, pesche noci, mele, uva, peperoni, ciliegie, pesche, pere, sedano e pomodori.

Per contro, è stata anche stilata la lista dei Clean 15, ovvero prodotti non bio all’interno dei quali non si sono riscontrati livelli rilevabili di pesticidi: avocado, mais dolce, ananas, cipolle, papaia, piselli (surgelati), asparagi, melone bianco, melone cantalupo, kiwi, cavolo, funghi, mango, anguria, patate dolci.

Per produrre il rapporto, l'Environmental working group ha analizzato i dati di più di 44 mila campioni prelevati da Fda e Usda e testati nelle condizioni esatte di consumo, ovvero sbucciate, quando con buccia non commestibile o sciacquate in caso contrario. Sei i parametri valutati, dai quali ne deriva un punteggio che ha consentito di determinare la classifica:

  • percentuale di campioni testati con pesticidi rilevabili;
  • percentuale di campioni testati con due o più pesticidi rilevabili;
  • numero medio di pesticidi in un singolo campione;
  • quantità media di pesticidi nel campione, espressa in parti per milione;
  • numero massimo di pesticidi su un singolo campione;
  • numero totale di pesticidi trovati.

L’analisi ha sollevato immediatamente le proteste dell’industria. Così, per esempio, l’Alliance for food and farming, che rappresenta aziende del comparto agricolo: “Ricerche di questo tipo creano allarmi inutili, dal momento che i residui di pesticidi sui prodotti convenzionali, laddove presenti, sono comunque nei limiti di norma. Il rischio è di scoraggiare le persone dal consumare frutta e verdura, anche in considerazione del fatto che il bio presenta costi più elevati, non accessibili per tutte le fasce di popolazione”.

Risponde Alexis Temkin, tossicologo dell'Environmental working group: “Quanto riscontrato rientra sicuramente nei limiti di legge, ma questo non significa che legale sia sinonimo di sicuro. L’ obiettivo del rapporto è quello di fornire informazioni perché i consumatori possano fare scelte consapevoli. La nostra raccomandazione è di scegliere il bio in caso di prodotti tra i 12. Sugli altri 15, si può stare tranquilli”.

Nicola Miglino

 

 

 

 

 

 

 

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