Effetti cardiometabolici degli acidi idrossicinnamici

10 Dicembre 2019

Appartengono alla grande famiglia dei polifenoli e sono abbondanti negli alimenti di origine vegetale. Parliamo degli acidi idrossicinnamici, derivati dell’acido cinnamico, sui quali la ricerca sta puntando i riflettori per gli effetti su alcuni marker cardiometabolici nell’uomo. Ne abbiamo discusso con Daniela Martini e Pedro Mena, del dipartimento di Scienze degli alimenti e del farmaco dell’Università di Parma.

D.ssa Martini, innanzitutto cosa sono gli acidi idrossicinnamici?

Si tratta di una classe di composti appartenenti alla famiglia dei polifenoli e sono derivati dell’acido cinnamico. Tra gli acidi idrossicinnamici più abbondanti negli alimenti di origine vegetale si trovano l’acido p-cumarico, l’acido ferulico e l’acido caffeico. Queste molecole possono anche essere legate ad altri acidi organici, come l’acido chinico, per formare composti come l’acido cumarilchinico o caffeilchinico, complessivamente conosciuti come acidi clorogenici.

Dove si trovano?

Sono presenti in numerose fonti, inclusi cereali, caffè, patate e carciofi.  Considerando l’ampia diffusione in natura, questi composti sono ingeriti in quantità piuttosto elevate, al punto che si stima un apporto giornaliero di circa 200 mg negli adulti, essendo i principali acidi fenolici nella dieta. Vi è comunque un’ampia variabilità nella presenza di questi composti in una matrice, tanto che, per esempio, in un caffè possono essere presenti quantità altamente variabili di questi composti, in base a fattori quali la varietà, le fasi produttive e il metodo di estrazione del caffè.

Quali evidenze abbiamo sul ruolo in area cardiometabolica?

Una volta ingeriti, solo una piccola parte degli acidi idrossicinnamici viene assorbita nel tratto gastrointestinale superiore, mentre la maggior parte raggiunge immodificata il colon, dove è soggetta a un esteso catabolismo da parte del microbiota intestinale, portando alla produzione di composti e metaboliti che oggi si ritengono associati a numerose attività biologiche collegate con la prevenzione di malattie cardiometaboliche. Per esempio, è stato evidenziato come gli acidi idrossicinnamici siano in grado di esercitare un’attività antinfiammatoria e svolgano un ruolo importante nella regolazione del metabolismo glucidico e lipidico.

Dr. Mena, quali indicazioni su differenti risposte inter-individuali?

Nonostante la mole di letteratura disponibile su questo argomento, a oggi le evidenze che mettano in relazione gli acidi idrossicinnamici con la prevenzione delle malattie cardiometaboliche non sono interamente consistenti. Questo può essere almeno in parte dovuto alle caratteristiche eterogenee dei partecipanti reclutati nei diversi studi d’intervento disponibili. Questa eterogeneità può essere dovuta a fattori genetici ma anche ad altri come età, sesso, etnia, e microbiota intestinale, che possono avere un ruolo nel determinare il metabolismo e la biodisponibilità di questi composti.

Che effetti ci si può aspettare da tale eterogeneità di risposta?

Tutti questi fattori possono influenzare l’effetto sui diversi marker di malattia considerati e, di conseguenza, alcuni soggetti potrebbero beneficiare più di altri del consumo di alimenti ricchi di acidi idrossicinnamici. In particolare, gli studi a oggi disponibili mostrano che lo stato di salute rappresenta uno dei fattori più importanti nel determinare l’effetto del consumo di acidi idrossicinnamici, dato che il maggiore effetto è stato riscontrato in soggetti con livelli più elevati di colesterolo, pressione arteriosa e glicemia. Di conseguenza, l’effetto più rilevante sembra verificarsi in soggetti a più elevato rischio di malattie cardiometaboliche, sebbene ulteriori studi siano necessari anche per valutare eventuali ulteriori determinanti della variabilità inter-individuale.

Suggerimenti su dosaggi ottimali, sia per dieta che per integratori?

Le evidenze attualmente disponibili, a cui si aggiunge l’elevata variabilità inter-individuale che riguarda questi composti, rende a oggi impossibile definire dei livelli raccomandati per questi componenti. Non a caso, anche l’ultima versione dei Larn , sebbene abbia preso per la prima volta in considerazione i componenti bioattivi presenti negli alimenti, si è limitata a un’analisi qualitativa senza definirne le dosi. Ricordiamoci, poi, che gli acidi idrossicinnamici sono contenuti in alimenti che rappresentano matrici complesse nelle quali sono presenti molti altri composti di cui tenere conto. Per esempio, nonostante queste interessanti molecole siano abbondanti nel caffè, questo rappresenta un’importante fonte di caffeina, circa 80 mg per tazzina, e, pertanto, la dose giornaliera non dovrebbe superare le 5 tazzine e la  metà nelle donne in gravidanza, secondo quanto definito dall’Efsa.

Nicola Miglino

 

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