La salute delle ossa dipende anche dalla vitamina C. A confermarlo, una review appena pubblicata su Nutrients e condotta da un gruppo di ricerca di Pavia. Prima firma, Mariangela Rondanelli, endocrinologa e docente di Scienze e tecniche dietetiche all’Università di Pavia.

La pandemia in corso ha dato una spinta rilevante al mercato delle vitamine che, nel 2020, ha raggiunto un valore di 545,6 milioni di euro (valore prezzo al pubblico), in crescita del 22,1% rispetto all’anno precedente, secondo quanto comunicato in questi giorni da Iqvia, il provider globale di dati, analisi, consulenza e tecnologie innovative in ambito farmaceutico.

Un’integrazione con zinco e/o vitamina C non aiuta a ridurre i sintomi di Covid-19. Questi i risultati di uno studio randomizzato, in aperto, condotto su un gruppo di 214 pazienti positivi al tampone molecolare e pubblicato di recente su Jama network open.

A fare la differenza nella risposta alla vitamina C in caso di infezioni virali, piuttosto che di altri quadri patologici, potrebbe essere la disponibilità della proteina di trasposto intracellulare. L’ipotesi viene suggerita in una pubblicazione su Aging and Disease da un gruppo di ricercatori del Medical College of Georgia Center for Healthy Aging, che hanno preso in esame i dati oggi disponibili sull’impiego di alte dosi di vitamina C Iv (fino a 10 volte quella raccomandata di 65-90 mg/die) in diversi ambiti clinici con l’idea di comprendere se vi siano basi razionali per un impiego contro Covid-19.

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