Il selenio potrebbe essere strettamente legato alla prognosi dei pazienti colpiti da Covid-19. L’ipotesi viene suggerita da ricercatori dell’università del Surrey, in Gran Bretagna che hanno da poco pubblicato uno studio sull’American journal of clinical nutrition analizzando alcuni dati provenienti dall’esperienza cinese.

Il mantenimento dei normali livelli plasmatici di vitamina D (VitD) non solo può giocare un ruolo nel ridurre i rischi di infezioni acute delle vie respiratorie, ma potrebbe essere importante per il trattamento di due sintomi tipici della malattia da Covid-19, quali l'anosmia e l'ageusia, ossia rispettivamente la perdita dell'olfatto e del gusto lamentati da più pazienti.

Se nella maggior parte dei casi si è riusciti a portare avanti il lavoro in modalità smart, per un professionista su quattro il lockdown ha significato l’interruzione completa dell’attività. Non solo si è ridotto il numero dei nuovi pazienti, ma nel 75% dei casi sono calate anche le richieste di consulenza da parte di quelli presi già in carico.

Ancora numeri ufficiali non sono disponibili, ma da più parti giungono segnali d’allarme sul rischio che quasi tre mesi di isolamento dovuti alla pandemia in corso possano aver aggravato quadri clinici legati a disturbi dell’alimentazione se non, addirittura, averli generati.

A parlarcene, Riccardo dalle Grave, direttore Unità di Riabilitazione nutrizionale Casa di Cura Villa Garda (Vr) che ha da poco pubblicato su Psycology Today un contributo sull’argomento

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