Ergotioneina: nei funghi l’alleato per rallentare il declino cognitivo

04 Aprile 2019

Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Alzheimer's Disease il regolare consumo di funghi sarebbe un ottimo sistema per prevenire o rallentare il declino cognitivo

: i ricercatori infatti hanno scoperto che gli anziani che consumano più di due porzioni standard di funghi (circa 300 g di funghi cotti) alla settimana possono avere il 50% di probabilità in meno di subire un deterioramento cognitivo lieve (Mci). Ma anche il consumo di una piccola porzione di funghi alla settimana può ancora essere utile per ridurre le probabilità di Mci. Si tratta, commentano gli autori, di una correlazione sorprendente e incoraggiante poiché sembra che un ingrediente comunemente disponibile sulla nostra tavola abbia un effetto così sensazionale sul declino cognitivo.

Lo studio della durata di sei anni (condotto dal 2011 al 2017), ha raccolto dati da oltre 600 anziani cinesi di età superiore ai 60 anni residenti a Singapore. La ricerca è stata condotta con il sostegno del Life Sciences Institute e del Mind Science Center del NUS, nonché del National Medical Research Council del Ministero della Salute di Singapore.

Il deterioramento cognitivo lieve è considerato uno stadio interposto tra il declino cognitivo dell'invecchiamento normale e il più grave declino della demenza: gli anziani affetti da Mci spesso mostrano una qualche forma di perdita di memoria o dimenticanza e possono anche mostrare deficit su altre funzioni cognitive come il linguaggio, l'attenzione e le abilità visuospaziali. Tuttavia, i cambiamenti possono essere impercettibili, poiché non presentano deficit cognitivi invalidanti che influenzano le attività della vita quotidiana, che è caratteristica dell'Alzheimer e di altre forme di demenza. Le persone con Mci sono infatti ancora in grado di svolgere le loro normali attività quotidiane.

I soggetti inclusi nello studio sono stati sottoposti a interviste e test approfonditi per una diagnosi accurata. Con l'intervista sono state raccolte informazioni demografiche, anamnesi, fattori psicologici e abitudini alimentari; in aggiunta sono stati misurati pressione arteriosa, peso, altezza, forza della presa, velocità del cammino ed eseguiti test di screening per cognizione, depressione, ansia. In seguito, è stata eseguita una valutazione neuropsicologica standard di due ore, insieme a un punteggio di demenza.

I ricercatori ritengono che la ragione della ridotta prevalenza di Mci nei consumatori di funghi potrebbe essere dovuta a uno specifico composto presente in quasi tutte le varietà. Particolare interesse è suscitato dal composto chiamato ergotioneina (Et), un antiossidante e antinfiammatorio che l’organismo non è grado di sintetizzare, ma può essere assunto da fonti alimentari, tra le quali i principali sono i funghi.

Un precedente studio aveva rivelato che i livelli plasmatici di ergotioneina nei partecipanti con Mci erano significativamente inferiori rispetto agli individui sani di pari età, suggerendo che una carenza di Et potrebbe essere un fattore di rischio per la neurodegenerazione, e l'aumento dell'apporto di Et attraverso il consumo di funghi potrebbe promuovere la salute cognitiva.

Anche altri composti presenti nei funghi potrebbero essere in grado di ridurre il rischio di declino cognitivo. Alcuni ericenoni, erinacine, scabronine e dictioforine possono promuovere la sintesi dei fattori di crescita del nervo. I composti bioattivi nei funghi possono anche proteggere il cervello dalla neurodegenerazione inibendo la produzione di beta amiloide, tau fosforilata e acetilcolinesterasi.

La fase successiva della ricerca sarà quella di effettuare studi controllati randomizzati per valutare il composto puro di Et e altri ingredienti vegetale, come L-teanina e catechine delle foglie di tè, per determinare l'efficacia di questi fitonutrienti nel ritardare il declino cognitivo. Tali studi interventistici permetteranno di formulare conclusioni più concrete sulla relazione causale e identificare eventuali altri fattori dietetici che potrebbero essere associati a un sano processo di invecchiamento cerebrale e alla riduzione del rischio di deterioramenti più importanti dal punto di vista clinico.

Elisabetta Torretta

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