Acido ferulico e neuroprotezione: i progressi della ricerca

12 Ottobre 2022

Le limitate opzioni farmacologiche a disposizione dei clinici nell’ambito delle malattie neurodegenerative stanno spingendo la ricerca verso lo studio di opzioni alternative, in particolare nella direzione di approcci dietetici basati sul consumo di polifenoli, in grado di rallentare la progressione del danno. Tra i polifenoli, l'acido ferulico è un derivato dell'acido idrossicinnamico, ampiamente distribuito in natura, soprattutto nella crusca dei cereali e nella frutta e noto per essere dotato di proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e antidiabetiche, suggerendone un possibile impiego come strategia neuroprotettiva.

A fare il punto sulle ricerche in quest’ambito, una review italiana pubblicata di recente su Nutrients. Ne abbiamo parlato con Silvia Di Giacomo, del dipartimento di Fisiologia e Farmacologia "Vittorio Erspamer" dell’Università la sapienza di Roma e prima firma del lavoro.

P.ssa Di Giacomo, ci spiega, innanzitutto, che cos’è l’acido ferulico e in quali alimenti lo si ritrova principalmente?

L’acido ferulico è un composto di origine naturale appartenente alla classe degli acidi fenolici, una sottofamiglia dei polifenoli. La sua distribuzione in natura è ubiquitaria: è contenuto nella frutta, nella verdura e, soprattutto, nella crusca dei cereali. Questi ultimi ne rappresentano la fonte più importante: il consumo di circa 100 g di cereali integrali fornisce un quantitativo di acido ferulico superiore a 100 mg. Negli alimenti, l’acido ferulico è presente sia in forma libera che legato ad altre molecole, come zuccheri, mono e disaccaridi, polisaccaridi della parete cellulare vegetale, e lignina. Il suo legame con la parete cellulare contribuisce a conferirgli rigidità. È ampiamente presente anche nelle piante officinali che possono essere impiegate all’interno degli integratori alimentari. Si ritrova, per esempio, nell’assafetida, dalla quale è stato isolato per la prima volta, nell’angelica, nell’issopo, nella lavanda, nel rosmarino, nella salvia e in molte altre.

Perché è potenzialmente interessante in ambito neurologico e, in particolare, nell’Alzheimer?

L'interesse nei confronti dell’acido ferulico come agente neuroprotettivo è dovuto prevalentemente alle sue proprietà antiossidanti e antinfiammatorie. Infatti, lo stress ossidativo e l'infiammazione rappresentano delle caratteristiche comuni a diverse malattie neurodegenerative. Nello specifico, per quanto riguarda l’Alzheimer, tali processi sono innescati dall’aggregazione e deposizione delle fibrille di proteina β amiloide. Questo determina una compromissione dell'attività mitocondriale con aumento della produzione di specie reattive dell’ossigeno, diminuzione dei sistemi di difesa antiossidanti cellulari e attivazione della risposta infiammatoria da parte delle cellule della microglia: tali processi determinano morte neuronale con conseguente sviluppo di deficit cognitivi e fisici.

All’acido ferulico sono, inoltre, ascritte proprietà antidiabetiche, che possono giocare un ruolo importante nella prevenzione dell’Alzheimer. Alcuni studi hanno, infatti, dimostrato che i pazienti diabetici hanno una maggiore probabilità di sviluppare tale patologia. A tal proposito, negli ultimi anni, è stato coniato il termine “diabete di tipo 3” proprio per indicare un disturbo neuroendocrino caratterizzato dallo sviluppo di insulino-resistenza a livello cerebrale che sembra rappresentare la progressione del diabete mellito di tipo 2 nella malattia di Alzheimer.

In questo contesto, l’impiego dell’acido ferulico potrebbe rappresentare una strategia promettente al fine di prevenire o ostacolare l’insorgenza di alcune forme di demenza agendo a diversi livelli. A supporto, alcuni studi epidemiologici hanno dimostrato che il consumo di fibre alimentari, ricche di acido ferulico, è associato con un minor rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer e il diabete.

Quali sono le evidenze pre-cliniche e cliniche in questo ambito?

Sono stati condotti numerosi studi preclinici per indagare il potenziale ruolo dell'acido ferulico nella malattia di Alzheimer, in diversi modelli sperimentali in vitro e in vivo di malattia indotta dalla proteina β amiloide. Tali studi hanno evidenziato che l’acido ferulico era in grado di ridurre la deposizione delle fibrille di proteina β amiloide, e di conseguenza la neuroinfiammazione e lo stress ossidativo ad essa associati, aumentando in tal modo la sopravvivenza neuronale e migliorando le funzioni cognitive e la memoria. Tuttavia, a oggi, non sono presenti in letteratura studi clinici che ne confermino l’efficacia nell’uomo. Gli unici studi disponibili hanno indagato gli effetti dell’acido ferulico in disturbi cognitivi di lieve entità ma non come singolo trattamento bensì in associazione con la pianta officinale Angelica archangelica. Pertanto, nonostante i risultati incoraggianti, al momento non è possibile affermare che l’acido ferulico sia efficace per il trattamento dell’Alzheimer, ma sono necessari ulteriori studi clinici ben progettati con un numero appropriato di soggetti arruolati al fine di chiarire tale aspetto.

Esistono altri ambiti di applicazione?

Oltre alle proprietà neuroprotettive e antidiabetiche, l’acido ferulico è noto per le proprietà anti-aging; in particolare, sembra proteggere la pelle dall'inquinamento atmosferico e dai raggi Uv, oltre a possedere proprietà antimacchia e schiarenti la pelle. Pertanto, i campi di applicazione di tale sostanza possono variare dall’ambito farmaceutico a quello cosmetico. Tuttavia, come già affermato in precedenza, sono necessari ulteriori studi per supportarne l’impiego.

Quali sono le principali aree di ricerca oggi attive sull’acido ferulico e quali aspettative sul fronte terapeutico?

I campi di ricerca attivi sull’acido ferulico sono molteplici e spaziano dal potenziale impiego nelle malattie metaboliche a quello nelle patologie neurodegenerative. È ormai noto, infatti, l’importante ruolo svolto dal microbiota intestinale nel mantenimento dello stato di salute dell’uomo e come questo sia in grado di comunicare con il cervello attraverso quello che oggi viene definito “asse intestino-cervello”. Per esempio, è stato dimostrato che alcuni alimenti funzionali possono influenzare la memoria agendo proprio a livello intestinale. Anche l’acido ferulico è in grado di modulare il microbiota intestinale e proprio questa modulazione potrebbe essere responsabile dei suoi effetti benefici nei diversi disturbi. Soltanto gli studi futuri potranno chiarire meglio il reale potenziale terapeutico di questo composto nell’uomo.

Nicola Miglino

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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