Integratori a base vegetale e Covid-19: paper italiano risponde ad Anses

30 Settembre 2020

Molto clamore ha suscitato, lo scorso aprile, la presa di posizione dell’Agenzia per la sicurezza alimentare francese (Anses) contro l’impiego di integratori a base di piante ed estratti vegetali in pazienti affetti da Covid-19 o sospetti tali. A distanza di qualche mese, dalle pagine del Journal of alternative and complementary medicine (Jacm), giunge una serie di considerazioni da parte di illustri clinici, ricercatori ed esperti italiani guidati da Fabio Firenzuoli, direttore del Cerfit, Centro di ricerca e innovazione in fitoterapia di Careggi, Firenze, utili a dare un contributo al dibattito. Paper ovviamente sottoposto a processo di peer review.

Si ricorderà come Anses puntò il dito contro tutte le piante contenenti acido salicilico (principio attivo dell’aspirina) quali salice, regina dei prati, betulla, pioppo, verga d’oro e poligala, ma anche quelle con altri principi attivi antinfiammatori quali arpagofito, curcuma, echinacea, unghia di gatto, così come quelle del genere Boswellia e Commiphora.

Nel loro documento, i francesi sostengono che, essendo tutte dotate di un’azione che può interferire con il sistema immunitario, è bene raccomandare a chi ne fa uso a scopo preventivo di interrompere immediatamente l’assunzione alla comparsa dei primi sintomi sospetti di Covid-19 e a chi ne consuma perché affetto da una patologia infiammatoria cronica, di discuterne con il proprio medico curante, per verificare l’opportunità o meno di proseguire.

Firenzuoli e colleghi, pur condividendo l’invito alla cautela riguardo agli usi potenzialmente inappropriati e rischiosi dei botanicals nei pazienti Covid-19, sottolineano come sia importante non sopravvalutarne ma nemmeno sottovalutarne l’impiego, giacché oggi gli estratti vegetali hanno dimostrato di offrire una gamma di preziose opzioni terapeutiche degne di maggiori approfondimenti da parte della ricerca.

Seguono, poi, considerazioni specifiche rispetto a quattro punti critici del documento dell’Agenzia regolatoria francese.

Innanzitutto, Anses avvisa che i derivati delle piante potrebbero favorire l'ingresso del virus attraverso una sovraregolazione del recettore dell'enzima di conversione dell'angiotensina 2 (Ace 2), al pari di quanto ipotizzato per i Fans come l’ibuprofene, benché Fda, Ema e Oms abbiano escluso tale relazione.

“In realtà, alcune delle piante menzionate nel documento Anses non contengono sostanze simili all'ibuprofene. Le molecole attive farmacologicamente sono diverse, quali, per esempio, cumarine, polifenoli e triterpeni che non interferiscono con l’espressione di Ace 2”, sottolinea Firenzuoli.

Seconda obiezione, laddove si dice che “trattasi di prodotti dal contenuto spesso ignoto” quando invece sono generalmente ben conosciuti dal punto di vista botanico, genetico, fitochimico e farmacologico, la loro produzione segue elevati standard di controllo e sicurezza e spesso hanno superato il vaglio delle stesse agenzie regolatorie come l’Ema o, per la valutazione degli alimenti e integratori, l’Efsa.

Vi è poi l’aspetto legato al rischio di amplificazione della risposta infiammatoria con conseguente peggioramento del quadro clinico.

“Al contrario” si sottolinea su Jacm “molti botanicals sono in grado di stimolare in maniera aspecifica il sistema immunitario ed esercitare, allo stesso tempo, effetti antinfiammatori e antiossidanti”.

Tra gli esempi citati, proprio l’Echinacea spp., nota per la sua azione di profilassi delle infezioni del tratto respiratorio superiore negli adulti e bambini, in virtù dell’effetto sinergico delle molte componenti farmacologicamente attive, dai polifenoli ai polisaccaridi, alle alkamidi.

E, ancora, l’Astragalus membranaceus, in grado di indurre un'inibizione dose-dipendente di diversi fattori pro-infiammatori, tra cui Il-6 o la Curcuma longa che, oltre a inibire il rilascio di mediatori flogistici presenta anche un'attività antifibrotica, che merita approfondimenti per un potenziale impiego in pazienti post Covid-19 che presentino fibrosi polmonare.

Quarta e ultima considerazione: alcune piante con proprietà antinfiammatorie potrebbero esser impiegate nelle prime fasi della malattia. Erbe officinali ricche di polifenoli e caratterizzate da un'attività antivirale (per esempio, Andrographis paniculata, Pelargonium sidoides, Sambucus nigra) sono candidati ideali per ulteriori studi contro l'infezione da Sars-CoV-2, in quanto presentano un interessante e sinergico effetto antimicrobico e antinfiammatorio.

Così concludono gli autori: “Durante la fase acuta della malattia, in piena tempesta citochinica, va evitato l’uso di qualsiasi di qualsiasi prodotto a base di erbe, già peraltro controindicato in caso di malattie autoimmuni, al pari di farmaci immunostimolanti, per il rischio di ricadute o peggioramento del quadro clinico. In questa fase infiammatoria della malattia, i botanicals con potenziali con effetti benefici potrebbero essere presi in considerazione come terapie complementari ma solo nell'ambito di studi clinici rigorosi e adeguatamente controllati. Le evidenze scientifiche disponibili, però, ne mostrano un ruolo nella prevenzione e nel trattamento sintomatico precoce delle infezioni respiratorie virali e il loro impiego può risultare utile come terapia complementare negli stadi iniziali o nel post-Covid, sempre sotto la supervisione clinica per adattare le prescrizioni di fitoterapici alle caratteristiche del paziente e della malattia, nonché per ridurre al minimo qualsiasi rischio di interazione con altri farmaci. L’auspicio è che vengano favorite e promosse ulteriori ricerche sull'argomento per raccogliere prove sull'efficacia e la sicurezza degli estratti vegetali in corso di Covid-19”.

Nicola Miglino

 

 

 

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