Alcol, lo “stile” mediterraneo è il consumo più virtuoso

12 Febbraio 2024

I danni dell’alcol dipendono fortemente dal modello di consumo, con quello cosiddetto mediterraneo tra i più sicuri. A evidenziarlo, uno studio recentemente pubblicato su Nutrients. Ce ne parla Angelo Campanella, del laboratorio di Epidemiologia, Irccs “Saverio de Bellis”, Castellana Grotte (Ba), prima firma del lavoro.

Dr. Campanella, da quali premesse nasce l’idea del vostro studio?

La gestione dell’alcol all’interno della dieta quotidiana è un argomento delicatissimo, poiché le bevande alcoliche fanno parte della nostra cultura e della nostra tradizione e assumono anche una valenza sociale. Quantità moderate di alcol sono caratteristiche del modello alimentare mediterraneo, il cui effetto sulla longevità è stato ampiamente studiato. Nello specifico, l'alcol nei paesi del Mediterraneo viene consumato soprattutto durante i pasti e principalmente sottoforma di vino, il cosiddetto pattern mediterraneo. Una recente revisione del Global burden of disease study ha confermato che le raccomandazioni sul consumo di alcol dovrebbero differenziarsi in base alla posizione geografica e al modello di consumo. Non bisogna, però, dimenticare che l’alcol è una sostanza per cui non sono state identificate modalità e quantità di assunzione “sicure”. Bevendo alcolici stiamo comunque mettendo a rischio la nostra salute, ma un rischio tanto più basso quanto minore sarà la quantità consumata e migliore il modello di consumo.

Che tipo di ricerca avete condotto

Abbiamo studiato l’effetto del consumo di alcol, valutato con l’indice Madp, e della dieta mediterranea sulla mortalità e poi valutato se ci fosse un’interazione tra alcol e dieta nel determinare il rischio di morte. L’indice Madp (Mediterranean alcohol-drinking pattern index, ndr) ha indagato l’aderenza a un modello mediterraneo di consumo alcolico, valutando aspetti come la quantità totale, il tipo di bevanda alcolica e il contesto di consumo. Ci ha permesso, quindi, di distinguere gli individui abituati a bere molto in singole occasioni da quelli che consumavano la stessa piccola quantità di alcol distribuita nell’arco della settimana, specie durante i pasti, come da tradizione mediterranea. Quindi abbiamo incluso i dati di 3.400 soggetti bevitori provenienti da due diversi studi prospettici di coorte condotti nel sud Italia dall’Irccs Saverio de Bellis di Castellana Grotte di cui conoscevamo le abitudini alimentari e le cause di morte dal 2006 al 2022.

Quali evidenze sono emerse dall’analisi dei dati?

I nostri risultati confermano che gli effetti dell’alcol variano a seconda dei modelli di consumo e del contesto dietetico in cui l’alcol è stato consumato. I bevitori con bassa aderenza all’indice Madp avevano un rischio più elevato di mortalità per tutte le cause, per cancro e per malattie del sistema digestivo, che includevano sia cause neoplastiche che non neoplastiche. I risultati evidenziano anche una sinergia tra dieta e alcol e attribuiscono a questa interazione un valore nell’influenzare il rischio di morte. Nello specifico i bevitori con bassa aderenza al Madp e alla dieta mediterranea hanno un rischio più alto di mortalità per tutte le cause e di mortalità per cancro.

Quali i limiti dello studio?

Abbiamo preferito escludere il gruppo degli astemi perché non potevamo distinguere tra quelli da tutta la vita e coloro che, affetti da una patologia o da un disturbo correlato all'alcol, erano stati costretti a smettere di bere. Molte persone che smettono di bere lo fanno a causa di problemi di salute e questo implica, secondo alcuni studi, che le persone che bevono quantità moderate di alcol sono spesso più sane dei non bevitori, il cosiddetto effetto “sick quitter”. In questi ultimi soggetti, un maggior rischio di mortalità potrebbe essere dovuto alle conseguenze delle patologie pregresse che avevano portato all'eliminazione dell'alcol e non all'astinenza stessa.

Quali conclusioni se ne possono trarre?

Una bassa aderenza al modello di consumo alcolico mediterraneo e una bassa aderenza alla dieta mediterranea sono associate a un rischio di mortalità più elevato. Pertanto, un’elevata aderenza alla dieta mediterranea potrebbe mitigare gli effetti dannosi di quantità minime di alcol. I nostri risultati evidenziano l’importanza di considerare insieme le quantità, il modello di consumo, il tipo di bevande alcoliche e le abitudini alimentari quando si valutano gli effetti dell’alcol sulla mortalità.

Quali scenari di aprono su questo fronte e quali i filoni di ricerca più promettenti da indagare?

Sicuramente il concetto di personalizzazione del consiglio: le raccomandazioni sul consumo di alcol dovrebbero tener conto anche dei modelli di consumo e della posizione geografica. Inoltre, nuove ricerche potrebbero comprendere meglio le complesse relazioni tra alcol e dieta. Infine, comprendere la relazione tra alcol e mortalità è essenziale per sviluppare politiche di sanità pubblica efficaci e linee guida per migliorare la consapevolezza pubblica dei rischi associati al consumo di alcol. Seppur non esista una quantità esente da rischio, e il bilancio fra eventuali effetti benefici ed effetti negativi penderà sempre, anche per consumi molto bassi, dalla parte del rischio, sembra ragionevole che la qualità della vita guadagnata da un drink occasionale possa essere considerata maggiore del potenziale danno. Studiare questi aspetti può aiutare a definire sempre meglio il sottile confine che c’è tra senso di responsabilità verso la salute e rispetto delle tradizioni.

Nicola Miglino

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