Posizione condivisa dagli esperti della Società italiana di endocrinologia (Sie) che, in occasione del congresso nazionale tenutosi la scorsa settimana a Roma, propongono di rivedere le attuali linee guida italiane sull’obesità integrando il calcolo dell’Indice di massa corporea con altri parametri, in particolare la misura del girovita per ridurre gli errori nella diagnosi.
A sostegno della tesi, un recente studio americano presentato a Endo 2023, meeting annuale dell’Endocrine Society appena chiuso a Chicago. Si tratta di una ricerca della Rutgers University su 9.784 adulti di età compresa tra i 20 e i 59 anni, classificati come obesi sulla base dei risultati della Dexa (Assorbimetria raggi x a doppia energia), esame in grado di stimare accuratamente la composizione corporea. I risultati hanno mostrato che ben il 53% dei soggetti è sfuggito alla diagnosi quando valutati solamente con il Bmi. In pratica, basando la valutazione solo sul Bmi, oltre la metà dei partecipanti obesi ha ottenuto come risultato un falso negativo.
“Secondo i dati dello studio, l’utilizzo esclusivo del Bmi porterebbe a classificare erroneamente come non obesi milioni di americani perché basare la diagnosi di obesità solo su questo parametro biometrico, espresso come il rapporto tra peso e altezza, conduce a sbagliare metà delle diagnosi e a sottovalutare il peso nel 53% dei casi e, di conseguenza, a trascurare interventi terapeutici e cambiamenti nello stile di vita necessari per la salute”, sottolinea Anna Maria Colao, già presidente Sie e ordinario di Endocrinologia all’Università Federico II di Napoli. “Da diversi anni gli esperti si interrogano sull'affidabilità e l'accuratezza del Bmi nel classificare le persone obese. Utilizzare la Dexa come strumento di screening è poco realistico perché economicamente insostenibile. Per questo gli scienziati sono impegnati da tempo nella ricerca di nuovi criteri semplici, economici e più attendibili. Questo non significa che dobbiamo rinunciare definitivamente al Bmi, che può avere un certo grado di affidabilità e utilità negli studi di popolazione per lo screening dell'obesità. Ma è importante che gli specialisti ne comprendano i limiti dell'utilizzo nel singolo individuo. Il Bmi, insieme alla misura del grasso viscerale e della massa grassa relativa, potrebbe ridurre gli errori, consentendo una più precisa individuazione delle persone obese”.
Nicola Miglino