Alghe, funghi e probiotici: il futuro degli integratori di ferro

24 Marzo 2021

Cresce l’interesse ella ricerca verso nuove fonti alimentari che combinino l’alto contenuto in ferro e proprietà antiossidanti e antinfiammatorie. L’obiettivo è ovviare, soprattutto nei pazienti con malattie infiammatorie intestinali (Ibd), agli effetti collaterali di quanto oggi presente sul mercato, in particolare proprio il riacutizzarsi dello stato di flogosi. Alghe, funghi e probiotici sono gli scenari più promettenti, come descritto in una recente review pubblicata su Nutrients. Ne abbiamo parlato con uno degli Autori, Marcello Chieppa, ricercatore presso l’Istituto nazionale di Gastroenterologia “S. de Bellis”, di Castellana Grotte (Ba).

Dr. Chieppa, quali sono i limiti attuali degli integratori di ferro in caso di Ibd?

Gli integratori di ferro assunti per via orale possono avere effetti collaterali, incluso il riacutizzarsi della patologia infiammatoria intestinale. Gli effetti più noti includono stitichezza, nausea, colorazione scura delle feci, diarrea, vomito e dolori addominali. Un effetto meno noto è legato alla proliferazione sovrabbondante dei batteri intestinali causato dall’eccesso di ferro, un elemento fondamentale per la loro crescita e che normalmente è poco presente all’interno del nostro tratto gastrointestinale. Ciò può portare a un ulteriore peggioramento della disbiosi intestinale e dei sintomi dell’Ibd.

Nel vostro lavoro avete preso in esame diverse fonti alternative. Partiamo dai probiotici. Che cosa si sa?

I probiotici sono conosciuti da molto tempo e sono consumati su larga scala in molti alimenti. Di recente, sono stati appunto sviluppati nuovi probiotici a base di Bifidobatteri e Lattobacilli che favoriscono l’assorbimento di ferro e che competono con la crescita di specie microbiche patogene. Il tratto gastrointestinale è infatti un feroce campo di battaglia nel quale specie batteriche e microorganismi competono per le abbondanti risorse fornite dalla nostra alimentazione. Dobbiamo ricordare che il ferro è solubile, quindi facilmente assimilabile a pH acido. Nei pazienti Ibd, il pH del colon si abbassa e questo potrebbe favorire la disponibilità di ferro per la crescita incontrollata di alcune specie batteriche, una condizione chiamata disbiosi. Così come nella vita, anche nel nostro intestino dobbiamo favorire la crescita degli amici per evitare di lasciar spazio ai nemici.

Tra i cosiddetti superfood si parla molto delle alghe. Quali dati abbiamo a disposizione?

Sono molto ricche in ferro e di composti con proprietà antinfiammatorie. Al momento esistono solo studi su modelli animali ma estremamente promettenti. L’idea è quella di affrontare contemporaneamente il problema della carenza di ferro e l’infiammazione cronica che caratterizza i pazienti affetti da Ibd. La connessione tra batteri presenti nel lume intestinale e infiammazione è molto stretta. Per questo, le due problematiche devono essere affrontate simultaneamente. Le proprietà antinfiammatorie di numerosi alimenti di origine vegetale si combinano perfettamente con il controllo della disbiosi intestinale. Il ferro, deve essere disponibile nel primo tratto intestinale dove viene assorbito dal corpo umano, mentre è più opportuno sia sequestrato nella parte terminale, là dove i batteri sono più abbondanti. Sostanze chelanti di origine vegetale, abbondanti nelle alghe potrebbero svolgere questo compito alla perfezione.

Anche l’ambito dei funghi sembra molto promettente, non è vero?

I funghi sono molto sottovalutati ma ne esistono alcune varietà di largo consumo nella cucina orientale che stanno diventando sempre più frequenti anche nelle culture occidentali. Alcuni studi fatti su queste particolari specie, in particolare i funghi Mankai e Orecchio di Giuda, hanno evidenziato interessanti effetti antiossidanti e antinfiammatori associati a un alto contenuto di ferro. Come le alghe, riescono a fornire ferro alle cellule intestinali capaci di assorbirlo e, allo stesso tempo, ridurre quello a disposizione dei batteri “cattivi” presenti nella parte terminale dell’intestino. Inoltre, proteggono la mucosa intestinale riducendo l’infiammazione nei pazienti Ibd.

C’è altro all’orizzonte?

Credo che all’orizzonte ci sia una sempre più ampia conoscenza dei meccanismi che collegano l’alimentazione con la composizione del microbiota intestinale. Questa conoscenza ci permetterà di sviluppare terapie nutrizionali e/o integratori alimentari cuciti sulle esigenze specifiche dei consumatori, siano questi sportivi, anziani, bambini o pazienti affetti da disbiosi intestinale e infiammazione cronica. Interventi nutrizionali personalizzati saranno all’ordine del giorno nella prevenzione e cura di svariate patologie.

Alla luce di quanto emerso, cosa dobbiamo prevedere per il futuro degli integratori a base di ferro?

Nei prossimi anni ci aspettiamo che nuove formulazioni a base di superfood vengano implementate e studiate nell’uomo. In particolare, le alghe e le micro-alghe sono ancora poco sfruttate, ma hanno enormi potenzialità per entrare nel mercato del prossimo futuro. La loro crescita è estremamente veloce e vantaggiosa anche per ragioni di sostenibilità ambientale ed economica. La possibilità di selezionare specie ad alto contenuto di molecole bioattive, come, per esempio, i polifenoli e gli acidi grassi a catena corta, le rende ideali per sviluppare colture dedicate alla produzione di integratori per la cura e la prevenzione di patologie infiammatorie croniche. Allo stesso tempo, nuovi ceppi di batteri probiotici potranno essere aggiunti a bevande a base di latte o yogurt per incrementarne il potere nutrizionale e gli effetti benefici per il nostro corpo.

Nicola Miglino

 

 

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