Non più, dunque, tanti e distribuiti dl corso della giornata, come frequentemente suggerito, ma un numero ridotto in momenti ben scanditi della giornata, più in linea con i nostri bioritmi fisiologici, consente di controllare meglio la glicemia, ridurre le dosi di insulina e far perdere peso.
“In genere”, sottolineano gli autori “i medici consigliano ai diabetici di tipo 2 di mangiare meno e più spesso, anche sei volte al giorno, ma questo approccio può determinare un circolo vizioso che porta a trattamenti più intensivi, in particolare in corso di terapia con insulina. Infatti, l'insulino-resistenza e la minore attività delle cellule β richiedono trattamenti con dosi elevate di insulina che, a loro volta, portano ad aumento di peso e, di nuovo, ad alterati livelli di glicemia. Abbiamo, dunque, pensato a un approccio che concentrasse l’assunzione di pane, frutta e dolci alle prime ore del mattino, prevedendo poi un pranzo abbondante e uno spuntino a cena, privo di amidi e zuccheri semplici ottenuti da frutta e dolci”.
I ricercatori israeliani hanno così condotto un trial clinico con 28 partecipanti, di cui 14 hanno seguito il regime alimentare a 3 pasti e 14 quello a sei, a parità di calorie nei due gruppi. A inizio trial, dopo due e 12 settimane sono stati misurati diversi indicatori, dal peso, alla glicemia a digiuno, dall’emoglobina glicata, alle dosi di insulina utilizzata fino all’espressione dei geni che controllano i nostri ritmi circadiani.
“A fine studio, tutti i parametri sono migliorati nel gruppo che seguiva la dieta a tre pasti, con addirittura alcuni casi di sospensione dell’insulina” sottolinea Daniela Jakubowicz, tra gli autori della ricerca. “Si è notata anche una maggiore espressione dei cosiddetti geni clock, un segnale interpretato come legato a una tempistica di alimentazione più fisiologica per il nostro organismo, in grado di determinare, potenzialmente, altri effetti benefici su sistema cardiovascolare, invecchiamento e cancro, fenomeni a loro volta legati ai geni dell’orologio biologico. Nessuno di questi miglioramenti si è osservato nel gruppo di controllo”.