Pillole di zafferano contro grave malattia della vista

03 Dicembre 2019

Uno studio clinico senza precedenti condotto da esperti della Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs e Università Cattolica, campus di Roma mostra l’efficacia dello zafferano, per la prima volta su pazienti, come cura per una grave forma degenerativa della vista, la sindrome di Stargardt, una rara malattia genetica.

È quanto emerso da uno studio pubblicato sulla rivista Nutrients e coordinato da Benedetto Falsini, docente dell’Istituto di Oftalmologia all’Università Cattolica e specialista presso l’Uoc di oculistica della Fondazione Policlinico universitario  Gemelli, insieme a Silvia Bisti dell’Università degli Studi dell’Aquila.

La malattia di Stargardt è una degenerazione ereditaria della macula, il centro della retina. I sintomi consistono soprattutto nella riduzione della visione centrale, che inizia durante l’adolescenza o, comunque, in giovane età. Inoltre, i pazienti possono lamentare disturbi nella percezione dei colori, macchie nere nel campo visivo e intolleranza alla luce. La malattia è causata da mutazioni del gene Abca4, il cui malfunzionamento provoca disfunzione e perdita delle cellule. La malattia compare quando l’individuo ha entrambe le copie del gene con le mutazioni. La progressione della malattia è legata a fenomeni neuroinfiammatori indotti dal crescente stress ossidativo.

Nel trial clinico sono stati coinvolti 31 pazienti con Stargardt trattati con 20 milligrammi al giorno di zafferano (Repron, brevetto internazionale) in compresse. I pazienti hanno assunto lo zafferano per sei mesi e poi placebo per i successivi sei.

La funzione visiva si è mantenuta stabile durante i sei mesi di trattamento, mentre tendeva a deteriorarsi durante l’assunzione del placebo.

Si tratta di una nuova dimostrazione dei potenti effetti terapeutici dello zafferano, in studio da anni, all’inizio su modelli animali di degenerazione retinica in cui ha dimostrato di ridurre la morte cellulare, l’attivazione di processi neuro-infiammatori, mantenendo la funzione visiva più a lungo. In altre parole, è stato in grado di rallentare la progressione del processo neurodegenerativo della retina.

Nell’uomo, l’efficacia del trattamento è stata dimostrata in pazienti con degenerazione maculare legata all’età (Dmle) in fase iniziale o mediamente avanzata non essudativa, dallo stesso Falsini e confermata in trial clinici di altre università e Paesi.

“Tutto è nato anni fa, dagli studi della collega Bisti con la quale collaboro da anni e a cui sarò sempre molto grato”, afferma Falsini. E conclude: “Studi condotti presso altri centri, non solo presso il Gemelli, mostrano che l’integrazione per bocca con zafferano nella fase della Dmle iniziale o intermedia ha un effetto benefico sulla funzione visiva e sulla progressione della malattia”.

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