Integratori a base di erbe, le scelte degli italiani

13 Novembre 2019

Un italiano su cinque fa abitualmente uso dei cosiddetti botanicals, che sempre più entrano a far parte delle abitudini dietetiche quotidiane. Non solo: ad agosto 2018, l’Italia ha aggiornato la lista delle piante ammesse negli integratori alimentari, a conferma dell’interesse del nostro Paese per questa categoria. L’argomento è stato al centro della presentazione della nuova “Review scientifica sull’integrazione alimentare: evidenze dalla ricerca scientifica e nuove frontiere di sviluppo”, che Integratori Italia di Unione Italiana Food, l’associazione di categoria aderente a Confindustria che rappresenta in Italia il settore degli integratori alimentari e dei prodotti salutistici, ha promosso nei giorni scorsi a Milano.

Punto di partenza dell’analisi, l’indagine condotta dal progetto europeo PlantLibra che continua a produrre informazioni di grande interesse per il settore.

 “Si tratta di uno studio che ha coinvolto 2.400 persone in sei Paesi europei (oltre all’Italia, Finlandia, Germania, Romania, Spagna e Regno Unito ndr), consentendoci di ottenere numerosissime informazioni relativamente ai consumatori di integratori a base di piante”, afferma Patrizia Restani, docente di Chimica degli alimenti, all’Università degli studi di Milano.

“Sono state coinvolte 4 città per Paese. In Italia: Milano, Venezia, Roma e Catania. I consumatori potevano indicare sino a cinque prodotti utilizzati. Dall'indagine emerge che il 20% degli italiani fa uso di botanicals e le tre ragioni d’impiego più citate sono risultate funzioni digestive, attività tonica-energetica e proprietà rilassanti. Nelle quattro città questa graduatoria viene conservata, con alcune eccezioni: Milano ha indicato al terzo posto l’azione sul sistema immunitario, Venezia al secondo posto segnala i prodotti per il controllo del peso corporeo”.

I punti vendita di riferimento sono le erboristerie/parafarmacie (35%), seguite da farmacia (23,7%) e supermercato (7,9%). Nella classifica delle piante più utilizzate spiccano, al primo posto, l’aloe, seguita da finocchio, valeriana e ginseng. Curiosità: nella top ten italiana figura il carciofo, assente, invece, in quella europea.

Tra le criticità segnalate, al primo posto l’interazione con i farmaci. “Classico è il caso del succo di pompelmo che non va associato a certi farmaci in quanto ne modifica il metabolismo, ma anche l’interazione riso rosso/statine, liquirizia/farmaci antipertensivi piuttosto che valeriana/farmaci sedativi” sottolinea Restani. “Valutando complessivamente i dati da diverse fonti, compresa l’indagine PlantLibra, il numero di eventi avversi derivanti dall’uso di botanicals è piuttosto contenuto, ma la gravità può variare da sintomi di bassa/moderata gravità a situazioni, benché rare, decisamente più drammatiche. È molto importante riferirsi sempre al proprio medico, soprattutto in caso di allattamento o gravidanza e per l’impiego in ambito pediatrico, così come particolare attenzione va rivolta ai consumatori con patologie associate all’alimentazione, quali, per esempio, i celiaci e gli allergici”.

Oltre che nella parte riguardante i botanicals, la nuova review di Integratori Italia è stata aggiornata mettendo in evidenza l’importanza della connessione tra caratteristiche individuali e alimentazione per poi presentare le nuove frontiere di ricerca sull’utilizzo dei probiotici e passare in rassegna i benefici della supplementazione in tutte le fasi della vita della donna, nonché, più in generale, sul fronte cardiovascolare e neurocognitivo. A questi temi, si aggiungono l’integrazione alimentare in età pediatrica, con un focus sul tema dei giovani che praticano attività sportiva, e un capitolo dedicato alla “rivoluzione” del microbioma.

Nicola Miglino

 


Guarda la Videointervista a:
Patrizia Restani
Docente di Chimica degli alimenti, Università degli studi di Milano

 

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