Analisi genomica: così la dieta agisce su microbiota e salute

19 Gennaio 2021

Il microbiota intestinale è la chiave di volta per comprendere la risposta al cibo di ciascuno di noi. Non può esserci, perciò, un unico tipo di dieta da raccomandare a tutti ma le indicazioni nutrizionali vanno personalizzate. Queste le conclusioni di uno studio internazionale, pubblicato su Nature Medicine, che, unico nel suo genere, ha analizzato nel dettaglio la composizione del microbiota intestinale di oltre 1.000 partecipanti, correlandolo alle loro abitudini alimentari e a marker cardiometabolici del sangue, facendo così emergere uno stretto legame tra dieta, popolazione microbica intestinale e salute.

“Il punto di partenza è stato quello di cercare di capire quali siano i fattori che influenzano la risposta differenziata di ognuno di noi al cibo” dice il Prof. Nicola Segata, capo del laboratorio di Metagenomica computazionale del dipartimento Cibio dell’Università di Trento e coordinatore della ricerca.

“In un primo studio pubblicato a metà 2020 abbiamo notato grosse differenze nei picchi di glucosio, trigliceridi e altri marcatori metabolici nel sangue tra individui diversi anche nel caso di gemelli identici che consumavano la stessa identica colazione e lo stesso pranzo. Ci siamo quindi chiesti se il microbiota intestinale, cioè tutto l’insieme di microorganismi che popolano il nostro intestino, possa essere un fattore in grado di spiegare questa variabilità interindividuale nelle risposte postprandiali. Da studi precedenti sapevamo già che mentre i gemelli hanno lo stesso genoma umano, il loro microbiota è comunque molto variabile, con circa il 37% di specie batteriche condivise in media tra i due fratelli, un valore di solo circa 2% più elevato rispetto a individui senza legami di parentela. Il microbiota era quindi una valida ipotesi da testare”.

I ricercatori hanno coinvolto 1.102 volontari tra Londra e Boston, incluse diverse centinaia di coppie di gemelli. Durante una visita di una giornata intera, hanno sottoposto i partecipanti alla stessa identica dieta, monitorando i livelli di centinaia di biomarcatori di salute cardiovascolare sia preprandiali che postprandiali e prelevando campioni fecali.

“Tramite questionari molto approfonditi abbiamo anche raccolto tutte le informazioni possibili sulla dieta abituale dei volontari” prosegue Segata. “Abbiamo poi sequenziato il microbioma delle feci usando le più moderne tecniche metagenomiche e i nostri metodi avanzati di studio dei dati di sequenziamento, ottenendo informazioni ad alta risoluzione su quali microrganismi fossero presenti in ogni individuo e quali funzioni biomolecolari potessero esprimere. Abbiamo poi fatto un lavoro statistico e di intelligenza artificiale per correlare i profili del microbioma rispetto alle informazioni sulla dieta e sui marcatori di salute cardiometabolica di ognuno dei volontari”.

I risultati evidenzino importanti correlazioni tra microbiota e dieta e tra microbiota e marcatori pre/postprandiali.

“Per fare un piccolo esempio - dice Segata - il microbiota di persone che assumono abitualmente caffè si riesce a distinguere da chi non lo beve mai, ma è sicuramente più rilevante il fatto che forti associazioni siano state evidenziate anche rispetto agli indici che stimano il numero di porzioni di tipi diversi di verdura settimanali e l'aderenza alla dieta mediterranea. Riguardo alla salute metabolica e cardiovascolare abbiamo mostrato un collegamento tra microbiota e una serie di marcatori che vanno molto oltre i classici valori glicemici. Per fare un altro piccolo esempio, abbiamo notato che gli individui che possiedono un batterio chiamato Prevotella copri hanno una curva del glucosio post-colazione la cui area è in media del 20,4% più bassa rispetto a chi non possiede questo batterio. Conclusioni simili sono state trovate per Blastocisti, un cosiddetto parassita intestinale eucariotico precedentemente ritenuto un potenziale patogeno”.

Il microbiota intestinale, dunque, si conferma fattore cruciale nello svelare la variabilità della risposta metabolica al cibo di individui sani e la correlazione con il rischio cardiometabolico.

“In altre parole, è uno dei fattori che spiegano perché non ci possa essere un unico tipo di dieta da raccomandare a ogni individuo ma come, piuttosto, dobbiamo muoverci verso un approccio di raccomandazioni nutrizionali personalizzate” conclude Segata. “Il fatto che abbiamo trovato un pannello di 15 batteri correlati positivamente sia al livello di qualità della dieta che a marcatori cardiometabolici, apre prospettive intriganti riguardo all'uso del microbiota sia come variabile da considerare in ambito nutrizionale sia come base di futuri approcci terapeutici e nutrizionali”.

Per ulteriori approfondimenti è disponibile on line il webinar “Go with your gut: novel findings on the gut microbiome, nutrition and health”.

https://www.youtube.com/watch?v=9xPKE4gby5Q&t=1244s&ab_channel=ZOE

Nicola Miglino

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