Glutatione e invecchiamento, nuove luci da studi su pazienti con Hiv

11 Novembre 2020

Lo studio dell’invecchiamento precoce che caratterizza i pazienti Hiv positivi potrebbe presto riservare grosse sorprese, svelando il potenziale ruolo protettivo di GlyNac, una combinazione di glicina e N-acetilcisteina, precursori del glutatione. I possibili nuovi scenari vengono ipotizzati da uno studio pilota, pubblicato su Biomedicines, condotto da un gruppo di ricercatori del Baylor college of medicine e del Thomas Street Hiv-health center di Houston che da tempo hanno concentrato l’attenzione da una parte sui fenomeni di invecchiamento naturale e, dall’altra, sull’evoluzione clinica dell’Hiv e sulle complicanze metaboliche dei fenomeni di senescenza correlati.

È noto, infatti, come l’infezione da Hiv, in persone tra i 45 e i 60 anni, determini lo sviluppo di caratteristiche tipiche di soggetti molto più anziani non sieropositivi quali affaticamento, deficit cognitivi, fragilità ossea, invecchiamento mitocondriale, elevato stato infiammatorio, deficit immunitario.

“Secondo le prove più consolidate, i processi di invecchiamento cellulare sono legati ad aumento di stress ossidativo e a disfunzione mitocondriale, entrambi riscontrabili nei pazienti con Hiv”, sottolinea Rajagopal Sekhar, endocrinologo del Baylor college of medicine. “Radicali liberi e mitocondri sono strettamente correlati tra loro. I mitocondri sono delle vere e proprie batterie per la cellula: bruciano zuccheri e grassi per produrre Atp e i materiali di scarto di questo processo sono i radicali liberi dell’ossigeno, molecole altamente reattive che possono danneggiare cellule, membrane, lipidi, proteine ​​e Dna”.

Un ruolo chiave per neutralizzare i radicali liberi è svolto dagli antiossidanti, glutatione in primis, i cui livelli negli anziani sono molto più bassi mentre lo stress ossidativo molto più marcato rispetto ai soggetti giovani, un fenomeno che si osserva anche in condizioni associate a disfunzione mitocondriale quali, per esempio, Aids, diabete, malattie neurodegenerative o neurometaboliche, cancro e obesità.

Da qui l’idea di ricaricare le batterie mitocondriali con un rifornimento di glutatione, non semplice data la scarsa biodisponibilità per via orale.

"Il glutatione è composto da tre aminoacidi: cisteina, glicina e acido glutammico”, dice Sekhar. “Chi ha carenza di glutatione, presenta anche deficit di cisteina e glicina, ma non di acido glutammico. Allora abbiamo pensato a un’integrazione di glicina e cisteina, in questo caso tramite la forma acetilata, ovvero N-acetil cisteina, a maggiore biodisponibilità”.

Già in studi precedenti, Sekhar e colleghi hanno potuto verificare come un’integrazione di sei settimane con GlyNac, una combinazione di glicina e N-acetilcisteina, fosse in grado di correggere la carenza di glutatione in cellule di topi anziani riportandone i livelli a quelli riscontrati nei topi più giovani.

Gli stessi risultati sono stati osservati in un piccolo studio nell’uomo su anziani che presentavano elevato stress ossidativo e carenza di glutatione: la somministrazione orale di GlyNac per due settimane ha corretto il deficit nonché ridotto lo stress ossidativo e la resistenza all'insulina.

L’analisi di Biomedicines

Nello studio appena pubblicato su Biomedines, condotto in aperto, sono stati coinvolti sei uomini e due donne con Hiv e otto controlli sieronegativi con le medesime caratteristiche del gruppo attivo per età (tra i 45 e i 60 anni), sesso e indice di massa corporea. Le persone con Hiv erano in terapia antiretrovirale, non erano mai state ricoverate in ospedale nei sei mesi precedenti lo studio e presentavano, al basale, deficit di glutatione e una serie di marker associati a invecchiamento precoce: stress ossidativo, disfunzione mitocondriale, infiammazione, disfunzione endoteliale e resistenza all'insulina, danni genetici, indebolimento muscolare; grasso addominale, disturbi cognitivi e della memoria.

Tutti i parametri sopra indicati sono migliorati dopo integrazione con GlyNac fornita sottoforma di capsule di glicina (1,31 mmol/kg/die) e N-acetilcisteina (0,83 mmol/kg/die) per 12 settimane, con risultati persistenti anche a otto settimane dall’interruzione del trattamento.

"È stato sorprendente osservare tali risultati, peraltro mai stati descritti prima” commenta Sekhar. “Tra gli esiti più interessanti, il recupero sul fronte cognitivo e neuromuscolare. Si tratta di indicazioni importanti per i pazienti Hiv positivi giacché a oggi non vi sono trattamenti disponibili in grado di invertire la rotta rispetto a processi metabolici legati all’invecchiamento e ci fanno ben sperare per applicazioni in ambiti più generali, tanto che abbiamo già avviato due studi clinici randomizzati, finanziati dai National institutes of health, su anziani affetti da deficit cognitivo e Alzheimer”.

Nicola Miglino

 

 

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