Thc, in Gazzetta il Decreto sui valori massimi negli alimenti. Federcanapa: “Troppo restrittivi”

06 Febbraio 2020

Pubblicato lo scorso 15 gennaio in Gazzetta Ufficiale il decreto 4 novembre 2019 che fissa i valori delle concentrazioni massime di tetraidrocannabinolo (Thc) totale ammissibili negli alimenti.

Questi gli alimenti ammessi e i limiti massimi previsti dal decreto:

  • Semi di canapa, farina ottenuta dai semi di canapa: 2,0 mg/Kg
  • Olio ottenuto dai semi di canapa: 5,0 mg/Kg
  • Integratori contenenti alimenti derivati dalla canapa: 2,0 mg/Kg

“Ai fini dell'applicazione del decreto le autorità competenti sono il ministero della Salute, il ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali e del turismo, l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari, le regioni, le Province autonome di Trento e di Bolzano e le aziende sanitarie locali, ciascuno nell'ambito delle rispettive competenze”, sottolinea una nota del MinSal.

Così commenta Federcanapa, l’associazione delle imprese del settore: “L’entrata in vigore del decreto è una buona notizia, se pur tardiva, perché finalmente mette l’industria alimentare italiana della canapa in condizione di iniziare a operare in chiarezza. Dopo la nota sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione nel maggio scorso, abbiamo assistito a un proliferare di sequestri indiscriminati che hanno colpito persino i prodotti alimentari a base di semi, malgrado fossero già stati riconosciuti leciti e regolarmente commercializzati quantomeno dal 2009. Il nuovo decreto è un segnale da parte delle istituzioni per riportare la discussione sulla canapa industriale nei binari della legalità e dell’onestà intellettuale. Per quanto riguarda i contenuti del decreto ribadiamo le critiche fatte a suo tempo sulla bozza iniziale, soprattutto per quanto riguarda due aspetti. Da una parte, i limiti del Thc troppo restrittivi. Su richiesta del Ministero avevamo già segnalato il caso di parecchi produttori italiani i cui oli tendevano a superare il limite dei 5 ppm, idoneo forse per le coltivazioni in nord Europa, ma non per i nostri climi. Dall’altra, la definizione dei limiti solo per alcuni alimenti, escludendo, per esempio tè, tisane, bevande alcoliche e non alcoliche, anche se il decreto concede una via alternativa per “altri alimenti” in genere”.

 

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