Grazie al Fondo, sono stati assunti 780 professionisti per far fronte al più che raddoppiato numero dei casi diagnosticati di anoressia e bulimia tra i giovani nel periodo pandemico (nel 2019 erano 680.669 mentre nel 2023 sono arrivati a 1.680.456). Si tratta di una vera e propria emergenza sociale che richiederebbe più risorse: a ottobre, invece, tutta la rete di ambulatori che in questi anni si è presa cura dei malati e ha dato sostegno alle loro famiglie dovrà chiudere.
Attualmente in Italia esistono 126 strutture specializzate nella cura di tali disturbi, di cui 112 pubbliche e 14 private accreditate. Si tratta tuttavia di «una rete insufficiente anche a fronte dell’aumento dell’incidenza di questi disturbi dopo il Covid», ha sottolineato intervistata dal Corriere della Sera Laura Dalla Ragione, direttore Rete disturbi alimentari Usl 1 dell’Umbria.
La specialista ha pure evidenziato le grosse differenze nella presenza di strutture dedicate, tra una regione e l’altra: 63, ovvero la maggior parte di quelle attualmente attive, sono infatti concentrate al Nord, tra l'Emilia Romagna (20) e la Lombardia (15). Nel Centro ve ne sono soltanto 23, mentre tra Sud e Isole se ne contano complessivamente 40. Esistono poi i casi estremi del Molise, dove non ci sono proprio, e di Puglia, Sardegna, Abruzzo e Calabria che ne contano soltanto un paio.
Secondo i dati Rencam regionali (Registro nominativo cause di morte), di anoressia e bulimia cinque anni fa sono morte 2.178 persone, in quello appena finito i decessi sono stati 3.780. Età media: 25 anni.
A causa del mancato stanziamento di nuovi fondi, il prossimo 31 ottobre gli ambulatori saranno destinati a chiudere, perdendo la possibilità di intercettare nuovi casi e interrompendo di punto in bianco l'assistenza dei pazienti presi in carico.
“Siamo disperati, come è possibile che non si sia riusciti a dare continuità?”, domanda Giuseppe Rauso, presidente dell’Associazione nazionale disturbi del comportamento alimentare. “Non sappiamo come dirlo alle famiglie. Qui si parla della seconda causa di morte tra i giovani dopo gli incidenti stradali. Speriamo che qualche decreto legge possa restituirci la speranza”. (n.m.)