In Spagna viene autorizzato il termine “probiotico” sulle etichette

12 Novembre 2020

Stando a un rapporto pubblicato dall’Aesan, l’Agenzia spagnola per la sicurezza alimentare e la nutrizione, il termine “probiotico” può ora comparire sulle etichette dei prodotti alimentari, sia fabbricati a livello nazionale che importati da altri paesi europei. Secondo Luis Gosálbez, amministratore delegato di Sandwalk BioVentures, «una piccola vittoria per l’industria dei microbiomi», che non indietreggia di fronte alle ormai note lacune normative nel campo e alla mancanza di una vera e propria lista di probiotici approvati.

Tra i prodotti maggiormente interessati, il latte artificiale e gli integratori, data la vasta quantità in commercio di questi prodotti le cui proprietà vengono valorizzate con l’aggiunta di ingredienti probiotici.

L’Aesan rammenta tuttavia di non poter accompagnare tale dicitura con indicazioni salutistiche, come si potrebbe invece logicamente dedurre.

Infatti, la definizione di probiotico maggiormente accolta, fornita dall’Oms e dalla Fao, fa riferimento a «microrganismi vivi che, se somministrati in quantità adeguate, conferiscono un beneficio per la salute dell’ospite».

Pertanto una definizione che, poiché associata all’allusione del beneficio derivante per la salute, è sempre stata attribuita a un termine considerato esso stesso un’indicazione sulla salute (implicita) che non avrebbe potuto risultare conforme al noto Regolamento Claim (CE) n. 1924/2006. In questo modo, non potendone vantare l’indicazione sulla confezione, in tema di etichettatura, un prodotto con “probiotici” aveva finora dovuto soddisfare solamente i requisiti di sicurezza alimentare previsti dal Regolamento (CE) n. 178/2002.

Si ricorda che in passato sono state sottomesse almeno 400 richieste di autorizzazione di claim con probiotici, tutte rigettate o ritirate per incertezze durante la valutazione effettuata da Efsa, dovute nella maggior parte dei casi a mancanza di sufficienti prove scientifiche a supporto.

Ed è proprio per questa mancanza di una disciplina armonizzata a livello europeo che la decisione dell’Aesan va così a formalizzare l’applicazione del principio di mutuo riconoscimento reciproco, secondo cui gli Stati membri non possono vietare la vendita nel loro territorio di merci che siano legalmente commercializzate in un altro Stato membro, anche qualora tali merci siano state prodotte conformemente a regole tecniche differenti.

È evidente che tale decisione svolgerà un’importante funzione di punto di riferimento nel settore in attesa della formalizzazione di un criterio uniforme, favorendo inoltre una maggior apertura da parte di autorità come Efsa e la Commissione europea per l’autorizzazione delle relative indicazioni salutistiche.

Si prevede, inoltre, un maggiore focus anche da parte degli altri paesi europei sull’uso del termine “probiotico” in modo da informare correttamente i consumatori sui prodotti che assumono, instaurando in questo modo anche un ambiente più tollerante, in particolare modo in relazione ai cambiamenti che oggi interessano il mondo della tutela della salute per mezzo di prodotti non sintetizzati in laboratorio.

Si auspica pertanto una presa di coscienza in tal senso anche per quel che riguarda i prebiotici, per i quali l’industria ha da sempre desiderato lo stesso.

Valentina Faziani, Regulatory affairs specialist, Imola (Bo); Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

 

Top
Questo sito utilizza i cookies, che consentono di ottimizzarne le prestazioni e di offrire una migliore esperienza all'utente. More details…