Negli anni sono stati valutati diversi modelli di intervento nutrizionale per i pazienti con Ibs, o sindrome del colon irritabile, e solo un numero limitato di studi con pochi pazienti ha valutato l'efficacia di una dieta priva di glutine e di diete di eliminazione basate sul test degli anticorpi IgG o su test di attivazione dei leucociti.

Tra le opzioni dietetiche, quella a basso contenuto di Fodmap è attualmente la più raccomandata, anche in virtù dell’attuale grado di evidenza. Data la probabilità che avessero effetti additivi, diversi carboidrati a catena corta che sono assorbiti lentamente o non digeriti nell'intestino tenue, sono stati denominati collettivamente Fodmap. Diete diverse per contenuto in Fodmap hanno dimostrato differenze significative nella produzione di acqua per ileostomia, sono state associate a marcate differenze nel contenuto di idrogeno nel respiro in soggetti sani e pazienti con Ibs e hanno evidenziato alterazioni a carico dei sintomi di una coorte di pazienti con Ibs.

La ragione principale per la rapida induzione dei sintomi e il sollievo a seconda dell’assenza o presenza di questi carboidrati nella dieta è la stimolazione dei meccanorecettori alterata dalla distensione luminale e non i diversi effetti fisiologici di una data dose di Fodmap, come elegantemente dimostrato in esperimenti che utilizzano la risonanza magnetica in soggetti sani e pazienti con Ibs.

Le prove a sostegno dei benefici clinici di una dieta a basso contenuto di Fodmap provengono da molti trial, tutti però concentrati sui vantaggi a breve termine. Come tutti gli interventi dietetici, si tratta di studi che pagano i problemi metodologici inerenti a queste sperimentazioni: aderenza ai piani alimentari, confronto tra la dieta valutata e quella precedente allo studio, fattori confondenti dati dalla preparazione dei cibi.

Sono stati effettuati sei studi in cui si è tentata la reintroduzione che hanno coinvolto più di 300 pazienti provenienti da cinque paesi con un follow-up di 6-18 mesi. La continuazione della rigorosa restrizione Fodmap si è verificata nel 2–18% dei pazienti con il mantenimento dei benefici raggiunto nel 57-82% dei casi. I punteggi della qualità della vita, valutati tramite uno strumento specifico per Ibs o generico, sono migliorati in tutti gli studi.

In ogni individuo c'è, inoltre, eterogeneità di sensibilità a Fodmap specifici e diversi carboidrati a corta catena possono esercitare differenti effetti fisiologici e clinici in pazienti con Ibs. Le ragioni di tale eterogeneità non sono state definite, ma ci sono alcune possibili spiegazioni. Per esempio, il fruttosio e i polioli sono molecole più piccole rispetto agli oligosaccaridi. Di conseguenza, hanno maggiori effetti osmotici che potrebbero generare più sintomi rispetto alla fermentazione, a causa di un malassorbimento variabile. Al contrario, è probabile che la fermentazione sia un evento chiave per gli effetti esercitati dagli oligosaccaridi, data la loro ridotta azione osmotica.

Studi di rechallenge in cieco, randomizzati e controllati con placebo con Fodmap specifici in pazienti che avevano risposto alla restrizione rappresentano una modalità per dimostrare una relazione causa/effetto tra la stessa e il miglioramento dei sintomi. Nei pazienti con Ibs che hanno risposto alla restrizione di fruttosio e fruttani, il challenge in cieco con fruttosio e fruttani da soli o in combinazione ha riprodotto i sintomi nella stragrande maggioranza e in misura significativamente maggiore rispetto al challenge con glucosio come placebo. In una coorte di pazienti con sintomi intestinali funzionali e malattia infiammatoria intestinale inattiva (calprotectina normale), i cui sintomi erano migliorati con una dieta a basso contenuto di Fodmap, la sfida con fruttani ha indotto sintomi simili in modo significativo.

Studi recenti hanno scoperto che i pazienti con Ibs hanno maggiori probabilità rispetto ai controlli di avere mutazioni del gene della sucrasi-isomaltasi e, poiché la dieta a basso contenuto di Fodmap non limita l'assunzione di saccarosio, i soggetti con Ibs e deficit di saccarasi-isomaltasi possono avere meno probabilità di un miglioramento dei sintomi con una dieta a basso contenuto di Fodmap. Infatti, una recente analisi post-hoc con pazienti con Ibs ad alvo diarroico ha confermato questa ipotesi, trovando che la risposta a una dieta a basso Fodmap era significativamente ridotta nei soggetti con la mutazione. Questi studi suggeriscono che, in futuro, potrebbero essere individuati marker per identificare i pazienti adatti a questo tipo di dieta. 

Silvia Ambrogio

 

Bibliografia

  • Behavioral and diet therapies in integrated care for patients with iIrritable bowel syndrome. Gastroenterology; Volume 160; Issue 1; January 2021, Pages 47-62
  • Management of irritable bowel syndrome. Jama, 313 (2015), pp. 949-958. American college of gastroenterology monograph on the management of Ibs;Am J Gastroenterol, 113 (2018), pp. 1-18.
  • American college of gastroenterology monograph on the management of Ibs. Am J Gastroenterol, 113 (2018), pp. 1-18

 

 

I cambiamenti nello stile di vita e nel comportamento alimentare sono di solito il primo passo nella gestione dei sintomi in caso di sindrome dell'intestino irritabile (Ibs). Una dieta a basso contenuto di Fodmap piuttosto che priva di glutine sono tra gli approcci più frequentemente suggeriti ai pazienti. Di recente, un gruppo di lavoro interdisciplinare dell’Università di Pisa ha fatto il punto sui dati a oggi disponibili, pubblicando i risultati su Nutrients. Ne abbiamo parlato con Sara Tonarelli, dell’unità di Gastroentelogia presso il dipartimento di Ricerca traslazionale e nuove tecnologie in medicina e chirurgia dell’Università di Pisa, tra gli Autori dell’analisi.

Colpisce tra il 2 e l’8% per cento della popolazione, in prevalenza donne, con una sintomatologia variegata e poco specifica tale per cui ancora oggi parte della comunità scientifica, non essendoci marker diagnostici, la considera una psicopatologia. Parliamo della fibromialgia, la cui cura è ancora lontana dall’essere trovata ma che vede invece nell’approccio dietetico un utile presidio di supporto per la gestione dei sintomi, come ribadito da un recente lavoro apparso su Nutrients. Ne abbiamo parlato con due delle Autrici, entrambe del dipartimento di Medicina sperimentale e clinica dell’Università degli Studi di Firenze: Giuditta Pagliai e Barbara Colombini, docente di Fisiologia presso l’ateneo toscano.

Tra le strategie non farmacologiche per la gestione della fibromialgia prove crescenti suggeriscono un potenziale ruolo benefico per la nutrizione, includendo sia integratori alimentari e sia interventi dietetici. L'analisi della letteratura ha dimostrato che il ruolo degli integratori alimentari rimane controverso, sebbene gli studi clinici con integratori di vitamina D, magnesio, ferro e probiotici mostrino risultati promettenti.

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