I ricercatori hanno preso in esame i dati di circa 31 mila americani di almeno 20 anni di età così come raccolti nella National health and nutrition examination survey, tra il 1999 e il 2010, incrociandoli con i dati di mortalità del National death index americano, valutando le risposte sull’uso o meno di integratori rispetto all’apporto di nutrienti direttamente dalla dieta. In un follow up di circa 6 anni, si sono riscontrati 3.613 eventi fatali, di cui 945 per malattie cardiovascolari e 805 per cancro. Un apporto adeguato di vitamina A, vitamina K, magnesio, zinco e rame risultava associato a una ridotta mortalità per tutte le cause o cardiovascolari, ma solo se i nutrienti provenivano da fonti alimentari. L’apporto eccessivo di calcio, per contro, è stato associato a un aumento del rischio di morte, in particolare per assunzione da integratori ≥ 1.000 mg /die piuttosto che da alimenti.
Obiezioni al metodo dello studio arrivano da Arrigo Cicero, presidente della Società italiana di nutraceutica (Sinut): “Non è metodologicamente confrontabile in epidemiologia l'assunzione di nutrienti apportati con la dieta con quella apportata con integratori, per il semplice motivo che la dieta, specie quella “sana”, usualmente ha un'esposizione precedente al momento dell'inizio dell'osservazione ed è più prolungata. Vedere in un dato momento che un soggetto che mangia "bene", magari dalla nascita, ha outcome di salute migliori di uno che mangia male ma integra, non è assolutamente confrontabile. Lo studio in questione peraltro è basato sul dato riferito, come se fossero le nostre indagini Istat, quindi non necessariamente con un parametro di controllo e ha valutato un periodo di esposizione medio di 6 anni, assolutamente troppo breve per valutare effetti cardiovascolari e oncologici. Ricordiamoci, infine, che non si deve partire dal presupposto che l'integrazione debba avvenire a fronte di una dieta scorretta, ma l'indicazione formale dell'integrazione, presupposto del suo funzionamento, è che debba avvenire in un setting di correzione delle abitudini dietetico-comportamentali. E, dai dati di questo studio, non era possibile capire perché si assumevano integratori e chi li aveva suggeriti”.