Dieta e attività fisica: così migliora il profilo cardiovascolare nelle donne a rischio

09 Dicembre 2020

La combinazione di un programma di dieta mediterranea e attività fisica mirati consente di ottenere, nell’arco di sei mesi, calo ponderale, rimodellamento della composizione corporea e riduzione degli indici di rischio cardiovascolare in donne sovrappeso/obese. Queste le conclusioni di una ricerca condotta dal dipartimento di Biomedicina e prevenzione dell’Università di Roma Tor Vergata, diretto da Antonino De Lorenzo e pubblicata di recente su Nutrients. Ne abbiamo parlato con Laura Di Renzo, docente di Nutrizione clinica e nutrigenomica, all’ Università di Roma Tor Vergata e prima firma dello studio.

P.ssa Di Renzo, da quali premesse origina la vostra ricerca?

Il nostro dipartimento da anni si occupa della valutazione degli effetti della Dieta mediterranea italiana di riferimento – Dimir - nella prevenzione e nella terapia delle patologie cronico-degenerative. Sono stati condotti molti studi clinici su popolazioni diverse che confermano come la Dieta mediterranea si associ a ridotta incidenza, prevalenza e mortalità per cardiopatia coronarica, nonché di altre malattie cardiovascolari e a una ridotta mortalità per tutte le cause. Sappiamo che seguire le indicazioni della Dimir, in accompagnamento allo stile di vita attivo, determina la riduzione in 25 anni del 18% del rischio di morti per patologie cardiovascolari.  Purtroppo, da un studio che abbiamo effettuato nel 2015, si rileva come le giovani generazioni stiano abbandonando gradualmente la Dieta mediterranea a favore di nuove tendenze alimentari caratterizzate maggiormente da cibi a elevato contenuto di grassi o ultraprocessati.

Qual è stato l’obiettivo dello studio?

Abbiamo voluto indagare gli effetti di una nutrizione di precisione, secondo un piano dietetico mediterraneo, in combinazione con un cambiamento delle abitudini motorie, nella prevenzione del rischio cardiometabolico in donne italiane, afferenti al nostro ambulatorio di Nutrizione clinica e nutrigenomica.  Per la prima volta è stato condotto uno studio clinico per valutare gli effetti del trattamento combinato sia sulla composizione corporea, definita nei suoi quattro compartimenti rappresentati dal tessuto adiposo, muscolare, osseo e dalla quantità di acqua totale, intracellulare e extracelluare, sia su diversi parametri metabolici legati a stato nutrizionale infiammazione, funzione immunitaria, profilo lipidico e glucidico.

Come mai avete puntato su prodotti biologici?

Sapevamo da nostre ricerche precedenti che un piano dietetico mediterraneo rappresentato da prodotti biologici migliorava lo stato infiammatorio e aumentava la capacità antiossidante plasmatica. Abbiamo così suggerito di sostituire, per quanto possibile, gli alimenti convenzionali con quelli da agricoltura biologica e, contemporaneamente, abbiamo predisposto un piano dietetico personalizzato sulla base del dispendio energetico e della composizione corporea di ciascuno, con un alto indice di adeguatezza mediterranea Iam, meglio noto in inglese con l’acronimo Mai.  Più elevato è il Mai tanto più la dieta è mediterranea.

Ci descrive come è stato condotto lo studio?

Dal pool di pazienti afferenti al nostro ambulatorio sono state selezionate 52 donne che rientravano nei criteri di analisi. Le stesse sono state seguite per i sei mesi successivi al primo accesso in ambulatorio. A tutte le pazienti arruolate è stata effettuata una valutazione dello stato nutrizionale preliminare tramite visita medica, misurazioni antropometriche, esami laboratoristici e determinazione della composizione corporea tramite bioimpedenziometria e Dual X-ray absorptiometry. Per ciascuna paziente è stato elaborato un piano alimentare personalizzato e prescritta attività fisica programmata. Successivamente, sono stati programmati controlli mensili ambulatoriali con ripetizione delle misure antropometriche, dell’esame bioimpedenziometrico e valutazione dell’aderenza al regime alimentare e all’attività fisica. L’esame Dxa è stato ripetuto, contestualmente ad antropometria e bioimpedenziometria, a sei mesi dall’inizio della terapia.

Marker ematochimici?

Ves e Pcr sono stati utili per la determinazione dello stato infiammatorio; la conta piastrinica e linfocitaria per la misurazione degli indici infiammatori Nrl e Plr. Il profilo lipidemico è stato utilizzato per la valutazione della dislipidemia e degli indici di rischio cardiovascolari. Inoltre, la trigliceridemia, insieme alla circonferenza vita è stata utilizzata per misurare l’indice adipocitario Lap. Il profilo glicemico è stato impiegato per la valutazione di resistenza e sensibilità all'insulina, transaminasi, Gamma GT e albumina per la misurazione degli indici di epatosteatosi e fibrosi epatica e, infine, il dosaggio dell’acido urico e della vitamina D per l’identificazione di uno stato di iperuricemia e/o ipovitaminosi D. 

Che tipo di dieta e attività fisica hanno seguito le partecipanti?

Alle donne in studio è stata prescritta una dietoterapia personalizzata, isocalorica se normopeso o ipocalorica se sovrappeso/obese. La ripartizione dei macronutrienti è stata: carboidrati 45-50% Kcal/die; protidi 20-25% si basava su 3 pasti principali al giorno e 2 spuntini. A tutte le partecipanti è stata prescritta una attività fisica programmata pari a 150 minuti a settimana, aerobica a intensità moderata, e/o 90 minuti a settimana di attività ad alta intensità.  Si è raccomandato di praticare l'attività fisica almeno tre giorni alla settimana, secondo linee guida della Società italiana di diabetologia.

Che risultati avete potuto osservare?

Al momento dell’arruolamento, il 94% delle pazienti era obeso con diverse comorbidità, quali prediabete, sindrome metabolica, dislipidemia ed ipertensione. La compliance alla terapia è stata molto alta: tutte le pazienti in studio hanno seguito alla perfezione le indicazioni ricevute. Dopo 6 mesi, abbiamo osservato un miglioramento della composizione corporea e dei parametri ematochimici in esame.  Si è rilevata una riduzione della massa adiposa totale con un mantenimento della massa minerale ossea e muscolare. Abbiamo osservato una riduzione dei kg di massa grassa corporea e della percentuale di massa grassa corporea, in presenza di una riduzione dell’acqua extracellulare. Al T0 la maggior parte della popolazione in studio ha mostrato indici di rischio alterati, specialmente quelli associati con lipoproteine plasmatiche. Dopo sei mesi di terapia, la maggior parte di questi marker si è normalizzata. Abbiamo osservato una riduzione significativa delle lipoproteine plasmatiche, dei trigliceridi e del colesterolo totale, soprattutto tra chi aveva ottenuto una riduzione della massa grassa di almeno il 15%. Per quanto concerne il rischio per patologie cardiache e infiammatorie, abbiamo osservato un miglioramento di tutti gli indici esaminati.

Quali conclusioni è possibile trarre?

La dieta mediterranea antinfiammatoria si è rilevata ancora una volta un ottimo protocollo alimentare di prevenzione e predizione del rischio delle patologie croniche. Gli indici descritti possono essere utilizzati a completamento della valutazione dello stato nutrizionale per indentificare soggetti ad alto rischio per malattie cronico degenerative e intraprendere ulteriori indagini di screening per la determinazione del rischio o di patologia cronica già in atto. La perdita di almeno il 10% del peso e di almeno il 15% di grasso rispetto alla condizione di partenza si sono dimostrati fattori predittivi della riduzione degli indici di rischio e in alcuni casi la perdita della massa grassa è risultata maggiormente determinante, soprattutto sugli indici di rischio cardiovascolari e di epatosteatosi. Infine, l’attività fisica svolta con costanza ha un ruolo nel mantenimento e nel potenziamento della massa muscolare, il motore del nostro organismo e dovrebbe essere svolta almeno tre volte a settimana.

Nicola Miglino

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