I ricercatori hanno valutato il consumo di fibre alimentari totali, solubili e insolubili, attingendo ai dati del Circulatory risk in communities study (Circs), uno studio di coorte comunitario in corso che coinvolge cinque comunità in Giappone. I partecipanti (n = 3.739) avevano un'età compresa tra 40 e 64 anni (età media, 51 anni). Una valutazione dei potenziali fattori di rischio per la demenza disabilitante è stata effettuata al momento dell’effettuazione dei questionari sulle abitudini alimentari.
Le persone coinvolte sono state seguite per una media di 19,7 anni (1999-2020). La demenza disabilitante è stata definita come una condizione neurodegenerativa con necessità di assistenza a lungo termine, classificata anche in base alla presenza/assenza di una storia di ictus.
I ricercatori hanno diviso i partecipanti in quattro quartili, in base alla quantità di fibra consumata dichiarata nei questionari. Un primo dato a emergere è stato che gli uomini tendevano a consumare meno fibre totali rispetto alle donne. Durante il follow-up, 670 partecipanti hanno sviluppato una demenza invalidante.
L'assunzione totale di fibre è risultata inversamente e linearmente associata al rischio di demenza: rispetto al quartile più basso, i tre a consumo crescente hanno evidenziato una diminuzione del rischio progressiva pari al 17, 19 e 26%. L'associazione è stata confermata anche dopo l'aggiustamento per potenziali fattori confondenti, come l'indice di massa corporea, la pressione sistolica, l'uso di farmaci antipertensivi, il colesterolo totale, i farmaci per abbassare il colesterolo e il diabete. La relazione inversa è risultata più evidente con le fibre solubili e limitata alla demenza senza storia pregressa di ictus.
I meccanismi di base ipotizzati potrebbero essere legati all’azione delle fibre sul microbiota intestinale: una disbiosi, infatti, potrebbe generare neuroinfiammazione, fattore chiave nell’insorgenza di fenomeni neurodegenerativi. È anche possibile, concludono gli Autori, che la fibra alimentare possa ridurre altri fattori di rischio come peso corporeo, pressione arteriosa, lipidi e glicemia. (n.m.)