Si tratta di una ricerca che ha coinvolto 11 centri ospedalieri italiani e circa 1.400 pazienti Covid -19 non critici, per i quali è stato necessario il ricovero nei primi mesi della pandemia.
Obiettivo: valutare la correlazione tra alcuni parametri di screening nutrizionale (Bmi, perdita di peso, ridotto introito calorico) e l’evoluzione clinica della malattia, in termini di necessità di ricovero in terapia intensiva o morte.
“Tra i attori prognostici di aggravamento della malattia, il più significativo è risultato il deficit nutrizionale, ovvero il calo dell’intake nei tre giorni precedenti il ricovero e previsto da parte del medico di reparto nei 3-5 giorni successivi”, spiega Riccardo Caccialanza, direttore dell’Uoc di Dietetica e Nutrizione clinica al Policlinico San Matteo di Pavia e coordinatore dello studio. “Un dato che conferma quanto già visto in precedenza nell’evoluzione clinica della malattia in pazienti ricoverati in terapia intensiva. Altro risultato interessante è stata la differenziazione del paziente obeso con comorbidità rispetto a quello senza. Nello specifico, abbiamo notato che l’obeso senza patologie concomitanti ha una prognosi migliore. Finora, gli studi su Covid e obesità non hanno mai preso in esame queste specifiche differenze. Quello che possiamo desumere da Nutricovid-19 è che sarebbe bene indentificare in maniera precoce i soggetti critici che presentano deficit nutrizionale e intervenire prontamente con un sopporto dietetico. Questo, però, vale per i pazienti Covid, così come in tante altre aree cliniche nelle quali è ormai chiaro come il deficit nutrizionale comporti peggioramenti dello stato di salute. Pensiamo ai pazienti oncologici, piuttosto che ai soggetti anziani o ai tanti ambiti della medicina interna. Si tratta di un aspetto che oggi non può più essere ignorato. Il paziente va nutrito, che sia in terapia intensiva o no, Covid o non Covid. È ora che su questo fronte si concentri l’attenzione di tutti, dagli specialisti alle istituzioni, sia livello regionale che nazionale. L’ambito nutrizionale è troppo spesso sottovalutato e banalizzato. Ci sono studi di costo/efficacia che dimostrano come trattare in maniera tempestiva il deficit nutrizionale in diverse patologie si associ a prognosi migliori e grandi risparmi sotto il profilo economico. Se possiamo trarre una lezione da questa esperienza pandemica è che bisogna iniziare a mettere in fila le priorità: quella nutrizionale è tra le più strategiche, sia sotto il profilo terapeutico che preventivo”.
Nicola Miglino