Malattia di Crohn: stato nutrizionale influenza la terapia

19 Marzo 2024

 

Il ruolo dei nutrienti nella gestione clinica dei pazienti con malattia di Crohn (Cd) non è stato ancora completamente chiarito. Un recente studio, pubblicato su Nutrients, si è posto come obiettivo quello di identificare i nutrienti la cui assunzione o i cui valori nel sangue potrebbero essere associati alle risposte dei pazienti alla terapia biologica. A parlarcene, Veronica Imbesi, Unità Ibd, Irccs - Aou di Bologna, tra gli Autori della ricerca.

D.ssa Imbesi, da quali premesse nasce l’idea del vostro studio?

Lo studio nasce a seguito della conferma da parte di numerose evidenze scientifiche della stretta correlazione tra le abitudini alimentari e l'incremento dell'incidenza e delle recidive delle Malattie infiammatorie croniche intestinali, tra cui la malattia di Crohn. In particolare, nei paesi sviluppati e, negli ultimi decenni, anche in quelli in via di sviluppo, vi è stato uno spostamento verso abitudini alimentari a stampo "dieta occidentale", che è stato dimostrato rappresentare un importante fattore di rischio. Tuttavia, il ruolo dei nutrienti nella gestione clinica dei pazienti con Cd non è ancora stato completamente indagato. Il nostro gruppo di ricerca aveva già evidenziato sostanziali differenze nell'assunzione di nutrienti tra i soggetti affetti da Cd e un gruppo di soggetti sani di controllo. Pertanto, successivamente, abbiamo pensato di procedere con un’analisi specifica della sola coorte di pazienti con Cd per ricercare eventuali correlazioni tra il loro stato nutrizionale e la risposta clinica che raggiungevano a seguito al trattamento con farmaci biologici, in particolare farmaci anti-Tnf-α. Finora, pochissimi studi clinici hanno esaminato l'associazione tra nutrienti e risposta clinica ai farmaci biologici.

Che tipo di ricerca avete condotto?

Lo studio è stato condotto presso il Centro regionale di riferimento per le Ibd dell'Irccs Policlinico Sant'Orsola-Malpighi di Bologna ed è di tipo osservazionale, monocentrico e prospettico. Abbiamo arruolato un campione di 54 pazienti affetti da Cd con malattia moderato-severa e indicazione alla terapia biologica. Lo studio è stato composto da cinque time-point di visite, da visita 1 a visita 5, a cadenza trimestrale. In occasione di ciascuna visita, i pazienti hanno compilato un diario alimentare settimanale. Abbiamo suddiviso i pazienti arruolati in due gruppi in occasione della visita 3, ovvero a sei mesi dall’inizio della terapia biologica: gruppo dei “responder”, ovvero Cd-R, pazienti che hanno risposto positivamente alla terapia biologica e gruppo “active” o Cd-A, pazienti che non hanno risposto alla terapia biologica. Lo studio mirava a indagare la possibile correlazione tra la dieta, i livelli ematici dei nutrienti e risposta positiva alla terapia biologica.

Quali evidenze sono emerse dall’analisi dei dati?

Dal confronto dell’analisi dei dati rilevati in occasione della visita 1 e della visita 3, non sono emerse differenze significative tra i due gruppi di pazienti in merito all’apporto calorico giornaliero, ai macronutrienti e ai valori Orac per gli antiossidanti assunti e Pral, per il carico acido renale. Va sottolineato che tutti i pazienti presentavano un elevato livello di Pral, superiore a 15 pr/giorno, dovuto a un eccesso di proteine animali nella loro dieta. Sono emerse alcune differenze nella dieta in termini di nutrienti tra cui un ridotto apporto di calcio, di zinco e di acidi grassi a catena media, nel gruppo dei non responder alla terapia. I dati più interessanti però provengono dalle analisi ematiche dei pazienti: durante la visita 3 è infatti emerso che il gruppo Cd-A mostra una serie di diminuzioni significative nei livelli plasmatici di amminoacidi treonina, acido glutammico, citrullina, valina, cisteina, metionina, fenilalanina, istidina e arginina, vitamina B9, magnesio e ferro. Inoltre, abbiamo osservato una tendenza a una diminuzione della vitamina B12 e di leucina, tirosina e lisina. Tutte queste diminuzioni vanno considerate come una conseguenza diretta della malattia attiva e indicano chiaramente la necessità di supplementazione in questi pazienti.

Analizzando i livelli ematici dei nutrienti dei pazienti prima di iniziare la terapia biologica, è emerso che nel gruppo Cd-A vi era un livello significativamente più basso di ferro e taurina e una tendenza a livelli ridotti di vitamina B12. Tali differenze non sono attribuibili a una malattia più grave poiché dal punto di vista clinico ed endoscopico il gruppo di pazienti arruolati era omogeneo e, inoltre, nonsono emerse differenze nei due gruppi relativamente l'assunzione di ferro o proteine animali al momento della visita di arruolamento. Questa è una indicazione del tutto nuova che mette in relazione lo stato nutrizionale del paziente prima di iniziare la terapia biologica con il successo della terapia stessa.

Infine, per quanto riguarda i cambiamenti alimentari indotti dalla remissione della malattia, abbiamo evidenziato che la remissione della malattia indotta dalla terapia porta a un aumento del consumo di prodotti lattiero-caseari e, di conseguenza, migliora la loro assunzione di calcio e di acidi grassi a catena media.

Quali i limiti dello studio?

Riguardano principalmente la determinazione indiretta dell'assunzione di nutrienti, che avviene attraverso l’analisi del diario alimentare settimanale del paziente, il quale lo compila autonomamente al proprio domicilio i sette giorni precedenti la visita, dopo aver ricevuto le corrette istruzioni di compilazione da parte del biologo nutrizionista dello studio, nonché la numerosità limitata del campione di pazienti arruolati.

Quali conclusioni se ne possono trarre?

Questo studio evidenzia la possibile presenza di nutrienti facilmente misurabili attraverso analisi del sangue, come ferro e taurina, che potrebbero agire come biomarcatori indipendenti capaci di ottimizzare la risposta terapeutica nei pazienti con Cd con indicazione alle terapie anti-Tnf-α. Questi biomarcatori potrebbero essere impiegati, in associazione ai marcatori già validati e in uso, per personalizzare ulteriormente il trattamento terapeutico. Sono necessari però altri studi per confermare questi biomarcatori predittivi. Inoltre, i valori di Pral derivati dell’analisi dei diari alimentari settimanali dei pazienti hanno evidenziato una assunzione eccessiva di alimenti di origine animale in soggetti affetti da Cd. Questo sottolinea l’importanza di una maggiore consapevolezza sia da parte del paziente che dei medici riguardo l’importanza di fornire indicazioni alimentari mirate a garantire una miglior routine alimentare in questi pazienti.

Quali scenari di aprono su questo fronte e quali i filoni di ricerca più promettenti da indagare?

Questi dati, pur se preliminari, costituiscono una buona base per progettare studi più ampi: un primo studio volto a confermare la relazione tra i livelli ematici di ferro e taurina con la risposta terapeutica ai farmaci anti-Tnf-α nei pazienti con Cd, e un secondo studio di tipo interventistico che possa agire andando a modificare le abitudini alimentari del paziente con Cd prima di iniziare la terapia, per cercare di ottenere un miglioramento della risposta terapeutica ai farmaci biologici.

Nicola Miglino

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