Creatina, una batteria di riserva per dare energia ai linfociti T anti-tumorali

20 Novembre 2019

Creatina come “batteria energetica” supplementare nella lotta al cancro. Un’ipotesi affascinante che ricercatori dell’Università della California di Los Angeles (Ucla) hanno cominciato a indagare con studi in vitro e su modelli animali i cui risultati sono stati di recente pubblicati sul Journal of experimental medicine.

Bersaglio dei benefici ipotizzati della creatina, i linfociti T Killer, baluardo delle difese nei confronti delle cellule neoplastiche. Esaminando campioni di T-killer prelevati da tumori, i ricercatori hanno rilevato un’abbondante e inaspettata presenza, sulla membrana cellulare, di trasportatori intra-cellulari della creatina.

“Come biologi, ci siamo chiesti il perché”, dice Lili Yang, dell'Eli and Edythe Broad center of regenerative medicine and stem cells research presso l'Ucla. "Se queste cellule, veri e propri soldati anti-tumorali, hanno un’aumentata capacità di assorbire la creatina, un motivo doveva pur esserci e pertanto abbiamo deciso di andare a verificare cosa succede quando non riescono ad approvvigionarsene”.

Sono stati così elaborati modelli murini cosiddetti knockout, ovvero che non esprimevano il gene CrT codificante un trasportatore cellulare della creatina. Le cellule T di questi topi si sono rivelate meno capaci di aggredire le cellule tumorali.

Al quel punto, hanno cambiato prospettiva, fornendo a topi normali o cosiddetti wild-tipe una dose giornaliera di creatina equivalente a quella raccomandata negli atleti. I risultati evidenziavano un forte impulso nella capacità di inibire, nei topi, la crescita di cellule tumorali della pelle e del colon.

Non ancora soddisfatto di questi risultati, il gruppo di ricerca, nella cui compagine figura anche un italiano, Stefano Di Biase, ha provato a mettere insieme creatina e inibitori del checkpoint Pd1/Pd-L1, avanguardia della moderna immunoterapia anti-tumorale, per verificare la possibilità di un effetto sinergico.

In quattro dei cinque topi sotto esame, l’approccio combinato ha fatto scomparire del tutto il tumore, senza recidiva nei tre mesi successivi. Di più: reinoculati con nuove cellule tumorali, i topi “cancer free” si sono rivelati protetti da ricadute e sono rimasti liberi da malattia per altri sei mesi.

Ora il team sta ripetendo gli stessi esperimenti utilizzando modelli di topo con innesti tumorali e cellule immunitarie umane. In caso di conferma dei risultati, i ricercatori si ripromettono di lavorare alla messa a punto di dosi, tempi e modalità di somministrazione di creatina per migliorare la risposta all’ immunoterapia.

"Le cellule T killer sembrano aver bisogno di creatina per combattere il cancro", sottolinea Yang. "Senza, non riescono a svolgere efficacemente il proprio lavoro. Negli ultimi anni, la creatina è diventata molto popolare tra gli atleti, per il suo ruolo chiave nel metabolismo energetico di cellule sottoposte a sforzi come, per esempio, quelle muscolari. Ora emergono dati anche sulle cellule T, come se il loro motore energetico fosse un ibrido, al pari delle automobili: da una parte un’alimentazione ad Atp, prima fonte di energia derivante dal metabolismo di glucosio, aminoacidi e lipidi. Dall’altra, una sorta di batteria molecolare alimentata a creatina, che immagazzina energia restituendola allorquando il fabbisogno è massimo, per esempio nel caso di un linfocita T-killer in un ambiente a forte stress metabolico come quello tumorale”.

 

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