I risultati hanno messo in evidenza come, rispetto alle donne in pre-menopausa, quelle in post-menopausa presentassero valori ematici a digiuno più elevati di glucosio, emoglobina glicata e GlycA o Glicoproteina acetilazione, un marker infiammatorio (rispettivamente 6, 5 e 4%). Allo stesso tempo, assumevano più cibi e bevande zuccherate, avevano maggiore quantità di grasso viscerale e presentavano qualità del sonno più scadente.
L'effetto sfavorevole della menopausa sul controllo della glicemia è stato riscontrato anche dopo confronto tra donne in gruppi diversi ma di pari età, a conferma che la causa non è legata all’invecchiamento ma proprio alle modifiche scatenate dal calo degli estrogeni.
Interessante la correlazione emersa tra queste alterazioni metaboliche post-menopausa e un’abbondanza di specie batteriche pro-infiammatorie e obesogeniche a livello del microbiota intestinale, in particolare Ruminococcus gnavus, in grado di produrre metaboliti ad alto indice infiammatorio.
“Gli effetti di dieta e microbiota intestinale su grasso viscerale, glicemia e infiammazione, suggeriscono che vi sono fattori modificabili in grado di intervenire sui cambiamenti metabolici sfavorevoli legati alla menopausa”, commentano gli Autori. “Per esempio, nella nostra coorte, le donne in post-menopausa consumavano più zuccheri e avevano una qualità del sonno più scadente, fattori entrambi legati a glicemia post-prandiale più elevata e aumento del rischio di diabete e malattie cardiovascolari. A questo, si aggiunge una maggiore sedentarietà, effetto diretto del calo degli estrogeni, come recentemente dimostrato. Questi cambiamenti osservati nella dieta e nell'attività fisica possono determinare aumento di peso nel tempo. Modelli dietetici sani come la dieta mediterranea garantiscono benefici a livello di peso corporeo e sintomi vasomotori, con alcuni alimenti che hanno dimostrato addirittura di ritardare l’ingresso in menopausa, come nel caso di verdure verdi e gialle e legumi freschi. La menopausa rappresenta un momento di grandi cambiamenti con ricadute metaboliche sfavorevoli sulla salute. Se questo è un passaggio ineluttabile, la nostra ricerca dimostra che è possibile attenuare il rischio di sequele cardiometaboliche con interventi su dieta e microbiota”.
Nicola Miglino