Una recente review pubblicata su Nutrients ha voluto fare il punto sulle attuali conoscenze dei meccanismi fisiopatologici alla base della fatigue e sulle modalità in cui la vitamina D è implicata in questi processi. A parlarcene, Gianni Sagratini, direttore della Scuola di Scienze del farmaco e dei prodotti della salute presso l’Università di Camerino (Mc), tra gli Autori del lavoro.
L’integrazione post-menopausa a lungo termine con calcio e vitamina D si correla a una riduzione della mortalità per cancro e a un aumento di quella per malattie cardiovascolari, senza alcun effetto, invece, sulla mortalità per tutte le altre cause. Questi i risultati dell’analisi a 20 anni del Women’s Health Initiative CaD trial, che per 7 anni aveva monitorato l’effetto di calcio (1.000 mg/die) e vitamina D (400 UI/Die) sulla salute femminile in donne in menopausa.
Esistono molti studi osservazionali trasversali che hanno esaminato l’associazione tra vitamina D e diabete di tipo 2, la maggior parte dei quali ha riportato correlazione inversa tra concentrazione di 25OHD e malattia. Uno dei più grandi studi di questo tipo è il National health and nutrition examination survey negli Stati Uniti, che ha riportato un’associazione inversa tra la concentrazione di 25OHD e prevalenza di diabete negli individui bianchi non ispanici e messicano-americani, ma non negli afro-americani.
La supplementazione con acidi grassi Omega-3 è più protettiva, col passare degli anni, della vitamina D nei confronti delle malattie autoimmuni (Ad). Questa la conclusione di uno studio osservazionale su una popolazione di circa 20 mila individui che avevano partecipato al trial Vital, condotto per 5 anni, con l’obiettivo di valutare gli effetti di Vitamina D e Omega-3 nella prevenzione di malattie cardiovascolari e cancro.