Alte dosi di vitamina D promettenti nella cura dei tumori del tratto digestivo

14 Maggio 2019

Due studi pubblicati di recente su Jama rimettono al centro del dibattito il ruolo della vitamina D nel trattamento di tumori del tratto digestivo, evidenziandone alcune caratteristiche peculiari.

Il primo (Sunshine, 2019;321(14):1370-1379), randomizzato, prospettico, di fase 2 ha reclutato 139 pazienti presso 11 centri accademici e comunitari negli Stati Uniti per testare se la supplementazione di vitamina D fosse in grado di migliorare gli esiti di cura in soggetti con tumore del colon-retto metastatico. Tutti i pazienti hanno ricevuto una chemioterapia standard mFOLFOX6 più bevacizumab. Quelli nel gruppo “vitamina D ad alto dosaggio” inizialmente hanno assunto 8.000 UI al giorno per 14 giorni, quindi 4.000 Ui dal 15.mo. Il gruppo con vitamina D a basso dosaggio o standard ha assunto 400 UI al giorno durante tutti i cicli. A tutti i pazienti è stato chiesto di non assumere altri supplementi di vitamina D o calcio durante il periodo di dello studio.

Nel gruppo ad alto dosaggio, i pazienti hanno fatto registrare un tempo medio di 13 mesi prima che la loro malattia peggiorasse (Pfs, Progression free survival); nel gruppo a basso dosaggio, il ritardo medio era di 11 mesi. Una differenza statisticamente non significativa. Con l’analisi aggiustata dei dati, però, i pazienti nel gruppo di vitamina D ad alto dosaggio hanno fatto registrare il 36% in meno di probabilità di morte o progressione della malattia durante il periodo di follow-up di 22,9 mesi (aHr= 0,64). Nessuna differenza, invece, sugli endpoint secondari, ovvero sopravvivenza complessiva (Os) e tasso di risposta oggettiva (Orr).

“Lo studio” sottolineano gli autori “comprendeva troppi pochi pazienti per trarre conclusioni su una migliore sopravvivenza globale.

I ricercatori hanno anche prelevato campioni di sangue dei pazienti per misurare i cambiamenti nei livelli di 25-idrossivitamina D [25 (OH) D] evidenziando come solo nel 9% dei casi vi erano valori sufficienti all'inizio del trattamento. Nel corso dello studio, i pazienti trattati con basse dosi non hanno avuto cambiamenti sostanziali, mentre quelli nel gruppo ad alto dosaggio hanno raggiunto rapidamente range adeguati di vitamina D mantenendoli nel tempo.

Il beneficio della vitamina D ad alte dosi sembra essere inferiore nei pazienti obesi e in quelli i cui tumori contengono il gene Kras mutato, suggerendo, come sottolineano gli autori, che "alcuni sottoinsiemi di pazienti possono necessitare di dosi ancora più elevate di vitamina D per attività antitumorale ", ammonendo però che alte dosi di vitamina D posso essere prese in considerazione soltanto nel contesto di una sperimentazione clinica.

“"A quanto sappiamo, il nostro è il primo studio clinico randomizzato a indagare l’effetto di una supplementazione con vitamina D nel trattamento del carcinoma colorettale avanzato o metastatico", ha detto Kimmie Ng, direttore della ricerca clinica presso il Centro per il Tumore gastrointestinale al Dana-Farber di Boston e tra gli autori dello studio Sunshine. “Considerati i risultati incoraggianti, un più ampio studio clinico sarà pianificato entro la fine di quest'anno. Si tratta di una scoperta importante anche perché identifica un agente economico, sicuro e facilmente accessibile come un potenziale nuovo trattamento per il tumore del colon-retto metastatico".

Lo studio Amaterasu

La seconda analisi, pubblicata contestualmente al Sunshine e condotta in Giappone, ha preso il nome di Amaterasu, la “Dea del Sole” nella religione shintoista, considerata la mitica antenata diretta della famiglia imperiale giapponese.

Si tratta di uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato vs placebo, condotto in un ospedale universitario giapponese che ha voluto indagare l’effetto di una supplementazione con vitamina D nella prevenzione secondaria in 417 soggetti con tumori del tratto gastrointestinale (10% carcinoma esofageo, 42%, carcinoma gastrico, 48%, tumore del colon-retto).

I pazienti sono stati randomizzati a supplementazione orale di vitamina D3 al dosaggio di 2.000 Ui/die o a placebo. Il tasso di sopravvivenza libera da recidive (Rfs) a 5 anni non ha evidenziato differenze significative, ma un’analisi post-hoc aggiustata per età ha messo in evidenza vantaggi nel gruppo trattato con vitamina D (Rfs: HR=0,66; IC95%=0,43-0,99). Nessuna differenza è emersa nel tasso di sopravvivenza complessivo a 5 anni.

Così commenta, sempre su Jama, un gruppo di editorialisti guidati da Elizabeth L. Barry, PhD, del dipartimento di Epidemiologia presso la Dartmouth College's Geisel School of Medicine di Lebanon, nel New Hampshire. “Si tratta di risultati preliminari che richiedono conferme su follow-up più lunghi per ottenere stime migliori degli effetti sulla sopravvivenza e chiarire i meccanismi biologici chiamati in gioco".

 

 

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