Due studi italiani, presentati al recente congresso nazionale della Sigenp (Società italiana di gastroenterologia e nutrizione pediatrica) tenutosi a Palermo, identificano nei cibi ultraprocessati i responsabili di sindrome metabolica ed esofagite eosinofila.

Gli alimenti ultra-processati (Upf) sono sempre più consumati in tutto il mondo, anche in regioni con forti tradizioni alimentari come quelle del Mediterraneo. I dati mostrano una correlazione sempre più evidente con l’insorgenza di malattie croniche, tra cui il cancro. Un recente studio, condotto su un campione di popolazione dell'Italia meridionale e pubblicato su Nutrients, ne offre un’ulteriore conferma. A parlarcene, Angelo Campanella, Istituto nazionale di Gastroenterologia, Irccs “Saverio de Bellis”, Castellana Grotte (Ba), prima firma del lavoro.

Siamo entrati in una nuova era dell’alimentazione, in cui la maggior parte delle calorie che ingeriamo proviene da cibi ultraprocessati, cioè trasformati a livello industriale sostituendo gli ingredienti tradizionali con alternative più economiche e additivi che ne prolungano la durata di conservazione, facilitano la distribuzione centralizzata e creano dipendenza in chi li consuma.

Le ultime ricerche mostrano quanto, anche in Italia, sempre più famiglie scelgano cibi ultraprocessati, veloci da preparare o già pronti, magari venduti come biologici e sani. Il risultato? Si mangia di più e, soprattutto, si consuma più cibo di scarsa qualità che causa problemi di salute come obesità, cardiopatie, sindrome metabolica, tumori, depressione.

In “Cibi ultraprocessati - Come riconoscere ed evitare gli insospettabili nemici della nostra salute” (Vallardi, 368 pp.; 18,90 euro), il medico e scienziato inglese, nonché pluripremiato giornalista della Bbc, Chris van Tulleken ci spiega perché il nostro corpo non è evolutivamente in grado di sostenere il cibo ultraprocessato e come questo implichi gravi rischi per la nostra salute e per il mondo in cui viviamo.

 

Per la prima volta un’indagine tutta italiana, condotta nella regione Campania, fotografa l’andamento negli ultimi 10 anni delle allergie alimentari pediatriche nel nostro Paese. I risultati dello studio Epifa (Epidemiology of paediatric italian food allergy), promosso dalla Società italiana di gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica (Sigenp) e coordinato da Roberto Berni Canani, ordinario di Pediatria all’Università degli Studi di Napoli Federico II, sono stati pubblicati sull’ultimo numero del Journal of allergy and clinical immunology global, la più importante rivista scientifica del settore.

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