Il selenio è un oligoelemento essenziale ottenuto con la dieta. Pesce, carne e cereali ne sono particolarmente ricchi, ed è nota in letteratura la sua capacità di influenzare la prognosi di una serie di malattie virali negli animali e nell'uomo. Per esempio, lo stato del selenio in Hiv positivi è correlato alla progressione dell’infezione in Aids e morte per malattia.
In Cina vi è una regione vastissima, che corre da Nord-Est sino a Sud-Ovest, in cui si passa da aree con i più bassi livelli mondiali di selenio nel terreno ad altre con i livelli più alti.
Questo ovviamente incide sulla catena alimentare, considerato che il consumo di selenio della popolazione è legato alla sua presenza nell’ambiente in cui maturano le coltivazioni.
I ricercatori hanno così incrociato i dati tra 250 città e province in quella fascia geografica per verificare quale corrispondenza vi fosse tra livelli di selenio nella popolazione corrispondente e incidenza e gravità di Covid-19.
Per quanto riguarda il selenio, hanno attinto a un database di uno studio precedente in cui, per quelle regioni, erano a disposizione informazioni sul livello medio individuale raccolte attraverso l’esame del capello.
L’epidemiologia di Covid-19, invece, è stata ricostruita attraverso i dati forniti quotidianamente e in maniera analitica da Baidu, sito internet non governativo.
L’analisi è stata suddivisa in due gruppi, distinguendo la provincia dell’Hubei (la più colpita, con la sua capitale Wuhan) dal resto.
I tassi di guarigione e di letalità tra i due gruppi sono risultati inevitabilmente molto differenti: 13,2% e 3% nell’area Hubei e 40,6% e 0,6% fuori dall’Hubei
Due però i casi eclatanti nei rispettivi gruppi.
Enshi, città dell’Hubei nota per i livelli di assunzione media di selenio 6-7 volte superiori al resto di quell’area geografica, presentava tassi di guarigione da Covid-19 quasi tre volte superiori alle altre città della provincia: 36,4% vs 13,2%.
Fuori dall’Hubei, altro caso segnalato è quello della provincia dell’Heilongjiang, nel Nord-est della Cina: tra le aree a più basso consumo di selenio (0,26 mg/kg) presentava un tasso di letalità del 2,4% rispetto allo 0,6% medio delle altre province.
“I risultati mostrano un'associazione tra i tassi di guarigione riportati per Covid-19 e lo stato del selenio”, commentano i ricercatori. “Questi dati sono coerenti con l'evidenza degli effetti antivirali del selenio riportati da studi precedenti. Sono, infatti, molteplici i processi biochimici che coinvolgono il selenio e le selenoproteine e potrebbero influenzare la patogenicità virale a partire da un maggiore stress ossidativo associato a molte infezioni da virus a Rna sino a un aumento della replicazione virale”.
Tra i limii dello studio segnalati dagli Autori, i dati sullo stato del selenio nella popolazione della città, per lo più risalenti al 2011 e l’impossibilità di raccogliere dati su alcuni indicatori potenzialmente confondenti quali età e presenza di comorbilità (malattie cardiovascolari, diabete, malattie respiratorie croniche, ipertensione e cancro).
“Siamo pienamente consapevoli che l'associazione mostrata indica la necessità di ulteriori ricerche, in particolare considerate le evidenze riscontrate con altri virus. Con dati meno di popolazione e più strettamente individuali sarà possibile analizzare meglio il legame tra la gravità di Covid-19 e molti fattori chiamati in causa, incluso il selenio”.
Nicola Miglino