Tutto nasce, come si ricorderà, dai recenti risultati dello studio condotto dall’Ospedale Cotugno di Napoli, in collaborazione con l’Università Federico II e l’Albert Einstein College of Medicine di New York City, e pubblicato sulla testata di libero accesso di The Lancet (EclinicalMedicine), che dimostrano l’efficacia della supplementazione della L-Arginina nella terapia standard Covid.
A seguito della pubblicazione, diversi centri nazionali, a partire dall’Ospedale Gemelli di Roma, hanno iniziato la raccolta di dati sul ruolo dell’associazione nella riabilitazione e nel Long-Covid.
I primi riscontri arrivano ora proprio dall’Ospedale Triolo Zancla di Palermo. I dati, raccolti dal team di Giovanni Fazio, docente di Medicina clinica e direttore del dipartimento di cardiologia, medicina interna angiologia e Long-term care, e pubblicati sulla rivista internazionale Virology, dimostrano che l'integrazione orale di due flaconcini al giorno dell’associazione L-arginina/Vitamina C liposomiale per 30 giorni migliora una serie di parametri relativi alle funzionalità fisiche dei soggetti affetti da Long-Covid senza nessun effetto collaterale.
In particolare, è stato riscontrato un miglioramento significativo dei parametri funzionali mediante l’uso di indici standard quali il test cardio-polmonare e il six minute walking test (6MWT), con conseguente beneficio su sintomi quali la fatigue e parametri come la tolleranza all’esercizio fisico.
“Sono sempre più numerosi gli studi che suggeriscono come la disfunzione endoteliale possa essere alla base delle manifestazioni sistemiche di Covid-19, sia nelle fasi acute che croniche”, sottolineano gli Autori nelle conclusioni. “Tuttavia, nonostante un gran numero di persone guarite dalla malattia presenti sintomi a lungo termine, finora nessuno studio clinico ha dimostrato l'utilità di trattamenti che mirano a regolare la funzione endoteliale. I nostri risultati suggeriscono che l'integrazione orale di L-arginina potrebbe migliorare la qualità della vita dei pazienti con long-Covid. A nostro avviso, la disfunzione endoteliale dovrebbe diventare uno degli obiettivi prioritari delle future terapie, sia in fase acuta che post-acuta. Ci auguriamo che la nostra ricerca aiuti ad alimentare il dibattito scientifico in questa direzione”