Secondo la Corte “Uno Stato membro non può vietare la commercializzazione di Cbd legalmente prodotto in un altro Stato membro se estratto dalla pianta intera di Cannabis sativa e non soltanto da semi e fibre”.
E aggiunge: “Una decisione di vietare la commercializzazione di Cbd, che di fatto costituisce l'ostacolo più restrittivo al commercio di prodotti legalmente fabbricati e commercializzati in altri Stati membri, può essere adottata solo se questo rischio sembra sufficientemente accertato. Vietare la vendita di prodotti contenenti Cbd va contro lo spirito generale delle convenzioni delle Nazioni unite, che mirano a proteggere la salute umana. Il Cbd, a differenza del Thc psicoattivo, non sembra avere effetti psicotropi o dannosi sulla salute umana".
Il tribunale, in sostanza, ha stabilito che l’azione legale contro l’azienda ceca altro non è che “una restrizione inutile alla libera circolazione delle merci perché la sostanza non rappresenta una minaccia per la salute umana”.
La sentenza è stata accolta con parole di giubilo dall’industria della canapa: "È l'inizio della fine della stigmatizzazione del Cbd", ha affermato Daniel Kruse, presidente dell’European industrial hemp association (Eiha). "In futuro, sia i tribunali europei che quelli nazionali, i politici e le autorità dovranno orientarsi sulla base dei principi enunciati dalla Corte".
Così Lorenza Romanese, amministratore delegato dell'Eiha: "Ci auguriamo sinceramente che la posizione della Corte costituisca un esempio e che la Commissione europea possa riesaminare di conseguenza la sua conclusione preliminare sullo status del Cbd naturale".
Ricordiamo che prima della scorsa estate la Commissione europea aveva dato un’interpretazione preliminare riguardante lo status giuridico della cannabis sativa nell’ambito del diritto Ue bloccando tutte le richieste di autorizzazione per estratti di canapa e cannabinoidi naturali ai sensi del regolamento sui Novel food considerando questi prodotti come sostanze stupefacenti.
Nicola Miglino