Pasta e sostituti del pane: nelle scelte, occhio a etichette e claim

11 Febbraio 2021

Sono stati recentemente pubblicati su Foods e Nutrients due nuovi lavori realizzati nell’ambito del progetto Flip (Food labeling of italian products), coordinato dal gruppo “Giovani” della Società italiana di nutrizione umana (Sinu), con il supporto scientifico di Nicoletta Pellegrini dell’Università di Udine. Obiettivo del progetto è valutare la qualità nutrizionale dei prodotti delle più svariate categorie venduti sul mercato della grande distribuzione mediante semplice raccolta delle informazioni poste sulla confezione, che vanno dall’etichetta nutrizionale ai vari messaggi o claim.

Sotto la lente d’ingrandimento, questa volta, i valori nutrizionali di pane e pasta. Ne abbiamo parlato con Daniela Martini, coordinatrice di Flip, e Donato Angelino, dell’Università degli Studi di Teramo e co-autore di entrambi i lavori.

Dott.ssa Martini, qual era l’obiettivo delle nuove analisi?

Nella prima, valutare la qualità nutrizionale di pane confezionato e dei cosiddetti “sostituti del pane”, mentre il secondo studio ha preso in considerazione tre categorie di pasta: di semola, all’uovo e paste ripiene. Tutti i lavori nati dal progetto Flip considerano le informazioni presenti in etichetta e quindi disponibili al consumatore all’atto dell’acquisto. Tra queste, quelle obbligatorie secondo la legislazione europea, come la denominazione di vendita e le informazioni della tabella nutrizionale, ma anche le non obbligatorie, come i cosiddetti “claim” nutrizionali e salutistici che possono avere un ruolo nella percezione della qualità complessiva dei prodotti.

Ci spiega meglio questa relazione tra informazioni presenti sul prodotto e la qualità percepita dal consumatore?

Il razionale alla base del progetto Flip è che l’etichetta dei prodotti alimentari contiene una serie di informazioni che devono essere comprese e utilizzate dal consumatore per compiere le proprie scelte alimentari. Tuttavia, numerosi studi che intrecciano l’economia agraria e le cosiddette scienze comportamentali hanno evidenziato come il consumatore tenda spesso a focalizzarsi solamente su alcune di queste e di interpretarle come indicatori della qualità globale dei prodotti. Quindi, indipendentemente dalle altre informazioni presenti sul pacco, il consumatore tende a far prevalere questa sua interpretazione di salutare nel momento in cui decide quali prodotti inserire nel carrello.

Da qui, dunque, l’idea di prendere in esame anche i claim?

Sì. Tra queste informazioni ci sono appunto i cosiddetti claim nutrizionali e salutistici, ossia indicazioni relative rispettivamente al contenuto in energia, per esempio “ridotto contenuto calorico”, o in uno specifico nutriente, per esempio “senza grassi” o “ricco in fibre” oppure all’effetto del consumo dell’alimento sulla salute, per esempio “riduce i livelli di colesterolo nel sangue”. Ci siamo quindi anche chiesti se effettivamente i prodotti che vantavano questi claim fossero migliori da un punto di vista della qualità nutrizionale complessiva in termini di apporto energetico e contenuto in macronutrienti e sale rispetto a quelli che non li vantavano.

Dr. Angelino, con quali criteri sono state condotte le analisi?

Abbiamo preso in considerazione i prodotti venduti nei principali supermercati italiani e che presentavano una sezione di shopping online: questo ci permetteva di avere tutte le informazioni che il consumatore ha a disposizione al momento dell’acquisto. Una volta raccolti i dati, abbiamo confrontato i valori nutrizionali dichiarati nelle etichette dei prodotti delle diverse categorie merceologiche, anche considerando la presenza dei sopracitati claim nutrizionali e salutistici. Inoltre, trattandosi di prodotti a base di cereali, ci siamo ovviamente soffermati anche sulla dichiarazione “senza glutine”. Questa dichiarazione, infatti, sta diventando sempre più familiare al consumatore con incrementi consistenti di vendita di prodotti gluten free nella grande distribuzione negli ultimi anni, ed è talvolta un’informazione che spinge il consumatore a pensare che quel prodotto sia più salutare rispetto a quello contenente glutine.

Che risultati avete potuto evidenziare?

Il primo è sicuramente quello di un’enorme quantità di prodotti presenti attualmente sul mercato: per quanto riguarda le paste, abbiamo raccolto dati da 756 prodotti, di cui 269 paste fresche e 487 secche, mentre i pani contavano 339 prodotti e i “sostituti del pane” erano 1.020. Il secondo dato osservato è stata l’elevata variabilità in termini di composizione nutrizionale tra i diversi prodotti, che rafforza l’importanza di leggere l’etichetta al momento di compiere le proprie scelte alimentari.

In termini di nutrienti e valori nutrizionali?

Nel caso dello studio condotto sul pane, abbiamo evidenziato ampie differenze tra i valori nutrizionali del pane e quelli dei cosiddetti sostituti, il cui apporto energetico nei primi correla con il contenuto in carboidrati mentre nei secondi soprattutto con il contenuto in grassi, a indicare che questi prodotti non sono vere e proprie alternative da un punto di vista nutrizionale, come ci si potrebbe aspettare. Per quanto riguarda le paste, uno dei risultati più interessanti è stato relativo al contenuto di sale. Infatti, mentre il contenuto di sale nella pasta di semola non cotta è tradizionalmente molto basso, questo è talvolta piuttosto rilevante in altre tipologia di pasta, prima fra tutte quella ripiena, che in alcuni casi apporta oltre 1,5 g di sale per porzione, circa un terzo dei 5 g che l’Oms ci ricorda di non superare. Eppure, spesso il consumatore tende a salare l’acqua di cottura indipendentemente dalla quantità di sale già presente nella pasta, con il rischio di portare in tavola primi piatti con un contenuto in sale davvero eccessivo.

Mentre nel lavoro focalizzato sul pane si sono riscontrati in generale valori nutrizionali più favorevoli nei pani senza glutine in termini di minor quantitativo di energia, grassi e sale, le paste senza glutine sono risultate generalmente più ricche in grassi, carboidrati e con meno proteine e fibre. Infine, non si possono trarre delle conclusioni robuste in termini di qualità nutrizionale dei prodotti quando vengono confrontati solamente per la loro presenza di claim nutrizionali e salutistici, questi ultimi assenti nei pani.

Dott.ssa Martini, quali le conclusioni?

Per quanto riguarda il pane, i risultati suggeriscono che la categoria dei “sostituti” è in realtà molto eterogena, con prodotti caratterizzati da qualità nutrizionali molto diverse. Inoltre, il confronto delle caratteristiche nutrizionali ha dimostrato che i sostituti del pane non sono in realtà vere alternative. Quindi, sebbene siano effettivamente prodotti che si utilizzano in sostituzione del pane, nelle scelte è bene tenere conto che i valori nutrizionali sono spesso molto diversi.

Per il lavoro sulla pasta, invece, i risultati sottolineano l’importanza di considerare i valori nutrizionali di un singolo prodotto anche quando questo rappresenta un ingrediente di un pasto completo. Infatti, anche se generalmente nei primi piatti le caratteristiche nutrizionali sono fortemente influenzate dal condimento, gli stessi valori nutrizionali della pasta possono fare la differenza, soprattutto per quanto riguarda il sale.

In generale, ancora una volta i risultati sottolineano l’importanza di educare il consumatore a leggere e interpretare correttamente le informazioni in etichetta e a non considerare la presenza di specifiche informazioni come “marker” della qualità nutrizionale complessiva dei prodotti.

Nicola Miglino

 

 

Top
Questo sito utilizza i cookies, che consentono di ottimizzarne le prestazioni e di offrire una migliore esperienza all'utente. More details…