Anoressia neoplastica, necessario correre ai ripari

04 Ottobre 2022

Si chiama anoressia neoplastica e rappresenta una frequente forma di anoressia, anche se molto meno nota di quella che interessa le giovani donne. Come discusso nel corso del 5° congresso nazionale Sinuc (Società italiana di nutrizione clinica) svoltosi di recente a Lecce, le cellule neoplastiche determinano una serie di alterazioni metaboliche che hanno conseguenze a cascata: perdita di appetito, fatigue, perdita di muscolo, di proteine e grasso.

“In un'altissima percentuale di casi riscontriamo come il paziente oncologico riferisca sin dalla diagnosi una situazione di anoressia neoplastica”, sottolinea Alessio Molfino, del dipartimento di Medicina traslazionale e di precisione della Sapienza Università di Roma. “Alla riduzione degli apporti energetici e proteici, la cosiddetta ipofagia, si aggiunge il metabolismo delle cellule cancerose che sottraggono nutrimento all’organismo per proliferare. In alcuni studi è stato calcolato che il tumore sottrae, ogni giorno, dalle 300 alle 500 calorie e da 15-20 gr di proteine. Ecco perché la perdita di peso è così repentina: anche solo un calo di peso del 5% identifica un quadro di pre-cachessia, condizione che interferisce con l’efficacia delle terapie”.

Fortunatamente esistono strategie per intercettare in modo precoce le problematiche nutrizionali in ambito oncologico.

“Il gap calorico e proteico può essere colmato con interventi di counseling nutrizionale, tra cui piani dietetici personalizzati con alimenti arricchiti. Quando questo non è sufficiente, passiamo a strategie di livello superiore, tra cui l'utilizzazione, per esempio, di supplementi nutrizionali orali. In caso di scarsa risposta, dobbiamo agire con strategie di secondo livello, rappresentate dalla nutrizione artificiale, che sarà valutata caso per caso dal medico nutrizionista clinico”.

Il cancro determina una sorta di tsunami metabolico all’interno dell’organismo e interagisce con l’ospite tramite un meccanismo chiamato crosstalk: rilascia, infatti, sostanze cataboliche, come activine, miostatina, Tgf-beta e sostanze infiammatorie come interleuchine, citochine, Tnf-alfa. Questo esercito di molecole raggiunge sia il sistema nervoso centrale, dove inibisce i centri dell’appetito, sia organi periferici come il muscolo scheletrico e quello cardiaco e il tessuto adiposo, fino a un quadro di cachessia. Quest’ultima, nella sua forma più avanzata, fa sì che l’organismo non sia più in grado di rispondere ai trattamenti, con conseguente peggioramento della prognosi.

“Ecco perché la malnutrizione deve essere intercettata tempestivamente, trattata e integrata di routine nell’insieme delle cure oncologiche, comprese la terapia del dolore, il supporto psicologico e strategie per il miglioramento della qualità della vita” sottolinea Maurizio Muscaritoli, presidente Sinuc. “Da diversi studi sappiamo che l’approccio simultaneo di counseling nutrizionale e supplementazione migliora la sopravvivenza e riduce i costi sanitari. In particolare, gli elevati livelli di infiammazione ostacolano i benefici della terapia nutrizionale. In questo senso i supplementi nutrizionali orali hanno mostrato effetti positivi e permettono di limitare il rischio di fragilità, complicanze e prognosi più sfavorevole sfruttando la capacità anabolica del paziente, anche se non tutti i sistemi sanitari regionali ne garantiscono la dispensabilità gratuita per i malati oncologici. Un altro gap da sanare”. (n.m.)

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