Tv e infanzia, oltre l'80% delle pubblicità di cibi non segue linee guida europee

19 Gennaio 2021

Un recente studio dell’Istituto Mario Negri di Milano ha evidenziato come oltre l'80% delle pubblicità di alimenti trasmesse nel nostro Paese nei programmi rivolti ai più piccoli non corrisponda alle linee guida europee. L'analisi, condotta tra ottobre 2016 e gennaio 2017, ha preso in esame 180 ore di programmi televisivi da sei dei canali italiani più seguiti dai bambini. Ne abbiamo parlato con Silvano Gallus, epidemiologo, direttore del laboratorio di Epidemiologia degli stili di vita al Mario Negri e prima firma dello studio pubblicato di recente su Public health and nutrition.

Dr. Gallus, innanzitutto come nasce l’idea della ricerca? Qual era l’obiettivo?

Diversi studi scientifici si sono occupati di analizzare il contenuto delle pubblicità su prodotti alimentari trasmesse durante la programmazione televisiva. Da un’analisi austriaca, per esempio, emergeva come la maggior parte delle pubblicità promuovesse cibi poco sani, ricchi di grassi e zuccheri e poveri di fibre, mentre nessuna pubblicità promuoveva verdure, legumi o frutta. Un po’ come se la “piramide alimentare” che invita a seguire i consigli dietetici basati sull’evidenza scientifica, dove gli alimenti al vertice della piramide sono quelli da consumare in piccole quantità, mentre quelli alla base in quantità maggiori, fosse ribaltata nelle pubblicità dei cibi rivolte ai bambini. In Italia non erano presenti dati aggiornati su quest’argomento. Il Prof. Silvio Garattini, presidente dell’Istituto Mario Negri, sempre attento alla promozione della salute, ha proposto pertanto di condurre uno studio con l’obiettivo di valutare questo argomento in Italia.

Com’è stato condotto lo studio?

L’analisi è stata condotta da ricercatori del laboratorio di Epidemiologia degli stili di vita - dipartimento di Ambiente e Salute - dell’Istituto Mario Negri e dell’Italian institute for planetary health di Milano. Tra ottobre 2016 e gennaio 2017 sono state registrate 180 ore di programmi televisivi di sei dei canali italiani più seguiti - Rai1, Rai3, Canale5, Italia 1, La7, Boing - contenenti quasi 4 mila pubblicità, di cui 810 trasmesse durante programmi dedicati ai bambini. Di tali pubblicità, sono state selezionate quelle che promuovevano prodotti alimentari, sia cibi che bevande, e ne è stata valutata l’aderenza alle principali linee guida europee: l’European nutrient profile model – Who/Enpm -, linee guida indipendenti da conflitti di interesse in quanto promosse dall’Organizzazione mondiale della sanità, e l’Eu pledge nutrition criteria - Eu/Pnc -, stipulate da aziende leader del settore alimentare. Tali linee guida sono nate con lo scopo di limitare la commercializzazione di selezionati alimenti e bevande non salutari all’interno della pubblicità rivolta ai bambini.

Quali risultati avete potuto evidenziare?

Lo studio ha messo in luce come la grande maggioranza delle pubblicità televisive di prodotti alimentari trasmesse durante i programmi dedicati ai bambini non risulta conforme a nessuno dei due modelli considerati. In particolare, oltre l'80% delle pubblicità non soddisfa le linee guida dell’Who-Enpm e più del 50% quelle dell’Eu-Pnc. Inoltre, più del 70% delle pubblicità trasmesse durante programmi dedicati ai bambini commercializza dolci e snack, nessuno dei quali conforme alle linee guida del Who-Enpm. È emerso, infine, che la mancanza di aderenza è più frequente nelle pubblicità trasmesse durante i cartoni animati, suggerendo quindi che le pubblicità rivolte ai bambini più piccoli siano addirittura meno salutari di quelle rivolte a un’audience di età maggiore.

Alla luce dei dati emersi, quali conclusioni/proposte se ne possono trarre?

Dopo una revisione delle linee guida Who-Enpm, al fine di rendere possibile la classificazione di tutti i tipi di alimenti, sarebbe urgente in Italia una rigorosa definizione e implementazione di normative basate su queste indicazioni indipendenti, con il fine di regolamentare la commercializzazione di prodotti alimentari e bevande per bambini. Questo potrebbe essere un primo passo verso un divieto di pubblicità a quelle fasce di popolazione come i bambini che non hanno ancora sviluppato il pensiero critico. Si dovrebbe infatti seguire l’esempio di Rai Yoyo: un canale televisivo dedicato ai bambini, che da maggio 2016 ha bandito completamente ogni tipo di pubblicità. Il nostro studio deve essere un campanello d’allarme su un problema sempre più attuale, ovviamente non solo circoscritto al mondo della televisione, ma a tutti i mezzi di comunicazione, quali per esempio youtube e social media in generale, per tutelare le generazioni future da una cattiva educazione alimentare.

Nicola Miglino

 

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