In Italia sono 150 mila le persone che convivono con la malattia di Crohn, con un’incidenza importante negli under 19. Si tratta di una patologia infiammatoria cronica dell’intestino ancora poco conosciuta che, nel 95% dei casi, per evitare le fasi acute, richiede notevoli sacrifici alimentari, con l’abolizione di alimenti quali cioccolato, latticini e bevande zuccherate, per citarne alcuni.
La ricerca condotta da EngageMinds Hub, iniziata lo scorso dicembre e ancora in itinere ha preso in esame gli articoli scientifici internazionali sul tema dell’alimentazione di chi ha la malattia e sui fattori che ne minacciano il benessere psicosociale. Dalla mappatura di 2.782 studi clinici è emerso come il tema della rinuncia alimentare e dell’esclusione dalla propria alimentazione di determinati cibi sia la problematica più presente negli articoli rilevati. Nel 40% dei casi, peraltro, si evidenzia una difficoltà per i pazienti nel reperire consigli nutrizionali affidabili con la conseguenza di un ricorso massiccio a internet, forum e gruppi sui social media.
“L’analisi della letteratura ha messo in luce un interesse scientifico crescente circa la relazione tra alimentazione, malattie Mici e psicologia, anche se non esiste ancora un consenso internazionale sul tema”, dice Guendalina Graffigna, direttore scientifico dello studio. “Per i pazienti, l’alimentazione è un’area della vita quotidiana fortemente investita sul piano emotivo. Tuttavia, mancano studi scientifici relativi all’impatto delle rinunce alimentari sul benessere psicologico dei malati e sullo stigma sociale verso questa malattia. La nostra ricerca, che prevede ora tre fasi empiriche di raccolta dati concentrate su giovani pazienti, i loro caregiver e i loro gastroenterologi, ambisce a dare un contributo in tal senso.
Dalla prima fase dello studio emerge che i pazienti riconoscono una correlazione stretta tra l’alimentazione e i sintomi della malattia. Tuttavia, gli alimenti non consentiti nella dieta sono vissuti come un'imposizione e sono causa di tentazione e frustrazione. Questo porta a un rifiuto frequente del regime alimentare consigliato, alla rinuncia a pasti fuori casa e alla partecipazione a feste o altri momenti conviviali. La malattia, inoltre, non ha solo un impatto sociale negativo sulla vita dei pazienti, ma anche sui caregiver, che, adattando, in alcuni casi, le proprie abitudini alimentari, si trovano coinvolti nelle stesse dinamiche di rinuncia "collettiva". In altri casi invece, sono gli stessi famigliari a contribuire ulteriormente alla sensazione di solitudine, poiché il 25% di chi vive in famiglia dichiara di non condividere i pasti con propri cari.
“La malattia di Crohn, oltre ad avere un impatto sul benessere psico-sociale dei giovani pazienti, colpisce anche la sfera emozionale sia dei malati che delle loro famiglie, avvolte da un senso generale di dispiacere e commiserazione, che spesso portano le persone a perdere appetito ma anche a rinunciare alle feste, ai pranzi fuori casa, privandosi quindi agli aspetti sociali e relazionali della vita, importanti in fase adolescenziale e pre-adulta” dice Enrica Previtali, presidente dell’associazione Amici onlus.
Conclude Marco Alghisi, business executive officer Nestlé health science Italia “I dati confermano un forte bisogno da parte dei pazienti di ricevere informazioni chiare riguardanti la dieta e le abitudini alimentari corrette, per non incorrere in fake news, e testimoniano il disagio emotivo delle persone con malattia di Crohn. Come azienda leader nel proporre soluzioni nutrizionali di alto profilo, ci stiamo impegnando con questa campagna a fare ricerca e a sviluppare progetti per instaurare un circolo virtuoso a disposizione del paziente, che coinvolga i gastroenterologi, i medici pediatri, i caregiver e l'associazione dei pazienti”.