Nutriscore bocciato dagli esperti della Nutrition foundation of Italy

20 Febbraio 2020

Nutriscore "è un sistema puramente informativo e non educativo per il consumatore, che finirà inevitabilmente per identificare alimenti buoni, da promuovere, in contrapposizione ad alimenti meno buoni o addirittura cattivi, di cui va scoraggiato il consumo. Un approccio in contrasto con l'opinione prevalente nella comunità scientifica che l'alimentazione vada invece valutata nel suo complesso, e non esaminando individualmente i singoli cibi che la compongono".  Così Andrea Poli e Franca Marangoni della Nutrition foundation of Italy (Nfi), in un’analisi tecnica presentata a Torino, in occasione del Festival del giornalismo alimentare

Diverse le obiezioni sollevate. Innanzitutto, dicono, Nutri-Score si focalizza molto sui nutrienti a effetto “sfavorevole” contenuti in un alimento, che possono conferire fino a 40 “punti negativi” e pesano sul risultato finale molto più dei nutrienti con effetti “favorevoli”, ai quali possono essere attribuiti al massimo 15 “punti positivi”. I dati scientifici più recenti suggeriscono la necessità di adottare un approccio opposto.

Non è previsto, poi, alcun punteggio positivo per la presenza negli alimenti di cereali integrali e, sul fronte grassi, si riconoscono effetti protettivi solo a olio d'oliva, colza e noci, senza considerare Omega-3 e Omega-6. Anzi, dicono, a causa del loro contenuto calorico, gli acidi grassi polinsaturi finiscono per peggiorare il punteggio degli alimenti che li contengono. Inoltre, nella definizione dell’algoritmo alla base di Nutri-Score non è stata prestata alcuna attenzione ai grassi trans, la cui pericolosità è accertata.

Anche i concetti di porzione e frequenza di consumo dei diversi alimenti sono completamente trascurati dal sistema Nutri-Score, il cui punteggio è parametrato a 100 g di prodotto. Ne deriva che il “giudizio” viene attribuito in base alle caratteristiche di una quantità di alimento che, nella gran parte dei casi, è lontana dall’effettiva unità di consumo, che può essere naturalmente molto superiore (per esempio, per una pizza surgelata) o molto inferiore (come per esempio per il cioccolato) ai 100 g considerati.  In questa forma, tra l’altro, il sistema non incentiva in alcun modo le iniziative di riduzione delle porzioni da parte dell’industria alimentare, che si sono invece dimostrate tra gli interventi più efficaci per contribuire a contenere l’apporto calorico totale della dieta.

Infine, il sistema non sembra in grado di orientare una scelta consapevole nemmeno se impiegato esclusivamente per comparare alimenti simili o equivalenti, come propongono gli estensori. Per esempio, nel caso degli yogurt da latte intero con aggiunta di frutta, un prodotto con meno frutta può ottenere lo stesso punteggio, o addirittura un punteggio più favorevole, rispetto a un altro che ne contiene di più: il calcolo è infatti indipendente dal fatto che gli zuccheri siano aggiunti o naturalmente presenti nella frutta stessa.

Così concludono gli Autori: “Nutri-Score non appare, a una lettura attenta, un sistema adeguato a supportare il ruolo di indirizzo delle scelte responsabili e dei consumi di 300 milioni di persone che vorrebbe attribuirgli chi lo propone come il criterio principale per orientare le abitudini alimentari. Nel nostro Paese, l’assenza di vantaggi per il consumatore potrebbe inoltre effettivamente combinarsi con concreti danni per l’economia nazionale, penalizzando molte nostre tipicità.

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