Insufficienza cardiaca: rischi e benefici delle sostanze naturali

17 Gennaio 2023

Ci sono benefici ma anche potenziali rischi nel far ricorso a integratori in presenza di insufficienza cardiaca. È bene, dunque, che i medici indaghino sempre se i pazienti stanno utilizzando, in concomitanza alle terapie abituali, prodotti acquistati autonomamente. A segnalarlo, uno statement dell’American heart association pubblicato di recente su Circulation.

Si calcola che, negli Stati Uniti, circa il 30% dei pazienti con scompenso cardiaco faccia ricorso alla cosiddetta medicina alternativa, definita dagli Autori come quell’insieme di interventi che esulano dalle indicazioni evidence based inserite nelle linee guida. Integratori, ma anche, per esempio, Yoga e tai-chi.

“I pazienti raramente comunicano al proprio team sanitario l'uso di integratori se non espressamente richiesto e potrebbero non essere a conoscenza delle possibili di interazioni con i farmaci o di altri effetti sulla loro salute”, sottolinea Sheryl L. Chow, farmacologa presso la Western university of health sciences a Pomona, California.

Gli Autori sottolineano come approcci utili possano essere quelli che prevedano l’impiego di acidi grassi polinsaturi Omega-3, sicuri e con evidenza di beneficio clinico, da utilizzare con moderazione e previa consultazione con il proprio medico. Gli Omega-3 si associano a minor rischio di sviluppare insufficienza cardiaca e, tra chi ne è già colpito, a miglioramenti nella funzionalità dell’organo. Sembra esserci, però, un maggior rischio di fibrillazione atriale correlato alla dose, che non dovrebbe mai superare i 4 g/die.

Mentre bassi livelli ematici di vitamina D sono associati a peggiori esiti di insufficienza cardiaca, l'integrazione non sembra mostrare benefici e può risultare addirittura dannosa se concomitante all’impiego di farmaci quali digossina, calcio-antagonisti e diuretici.

Avvertenze anche sull’impiego di Black Cohosh (Cimicifuga Racemosa - Actaea racemosa) per il rischio di tachicardia, ipertensione e iperglicemia, nonché di interazione con farmaci antipertensivi e antidiabetici.

Lo stesso per Lily of the valley, o Essenza singola del Pacifico, a lungo usata nello scompenso lieve per il contenuto di attivi simili alla digossina ma pericolosa se assunta nei pazienti in trattamento proprio con digossina per il rischio di ipokaliemia. L'integrazione con tiamina non si è dimostrata efficace, a meno di una carenza evidente. La ricerca sull'alcol riporta alcuni dati che mostrano benefici per dosi moderate (1-2 bicchieri al giorno) e rischi per un consumo elevato. Sulla vitamina E, i dati sono contrastanti. Potrebbe avere qualche beneficio nel ridurre il rischio di insufficienza cardiaca con frazione di eiezione preservata, laddove il ventricolo sinistro non è in grado di riempirsi adeguatamente di sangue tra un battito e l’altro. Tuttavia, ci sono evidenze che la associano ad aumentato rischio di ospedalizzazione. Piccoli studi dimostrano che il Co-Q10 può aiutare a migliorare la classe di insufficienza cardiaca, i sintomi e la qualità della vita, tuttavia, può interagire con farmaci anticoagulanti e antipertensivi. Gli estratti di biancospino, infine, hanno dimostrato in alcuni studi di aumentare la tolleranza all'esercizio fisico e di migliorare sintomi quali, per esempio, l'affaticamento. D’altronde, però, conservano la capacità di peggiorare il quadro clinico e di interagire con la digossina.

“Sono necessari molti più studi di qualità per comprendere meglio i rischi e i benefici di questi interventi”, conclude Chow. "Il nostro documento offre un quadro critico ai clinici e può essere utilizzato come strumento informativo per i consumatori in grado di guidarli sui potenziali benefici ed eventuali rischi associati".

Nicola Miglino

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