L’analisi prende spunto da una serie di segnalazioni pervenute al laboratorio di Karlsruhe da parte delle autorità di controllo tedesche in merito a eventi avversi simili a quelli provocati dal Thc in seguito al consumo di prodotti che, da normativa, avrebbero dovuto contenere solo cannabidiolo (Cbd).
Tre le ipotesi formulate dai ricercatori: effetto farmacologico diretto del Cbd; effetto indiretto dovuto a degradazione di Thc in Cbd per azione degli acidi gastrici; presenza diretta di Thc nei singoli prodotti, vuoi legata ai sistemi di estrazione, vuoi a contaminazione.
La prima ipotesi è stata subito scartata, dal momento gli studi clinici, condotti con dosaggi superiori a quelli presenti nei prodotti in commercio, non evidenziano effetti del Cbd simili al Thc e che la stessa Organizzazione mondiale della sanità considera il cannabidiolo composto sicuro e ben tollerato.
Per verificare la seconda ipotesi, gli scienziati hanno mischiato concentrazioni differenti di Cbd con metanolo, in condizioni di acidità, andando poi a misurare con sistemi di cromatografia e spettrometria di massa l’eventuale formazione di Thc. Risultato: assenza totale di Thc.
Hanno poi analizzato, su 67 prodotti commercializzati in Germania, la presenza di Thc: il 25% ne conteneva in quantità superiori a quella minima in grado di provocare effetti sulla salute; il 43% è stato classificato come non adatto al consumo umano per superamento della ARfD (Dose acuta accettabile); tutti, in un modo o nell’altro, violavano la normativa prevista sui novel food e, in generale, sugli alimenti, con particolare riguardo a claim e ingredienti indicati in etichetta.
“La nostra indagine sulle possibili cause di effetti collaterali in prodotti a base di Cbd punta dritta sulla presenza diretta di Thc, legata alle fasi di estrazione e/o produzione, piuttosto che sul Cbd di per sé o in relazione al suo metabolismo”, concludono gli Autori. “È uno scandalo che sul mercato vi siano prodotti ad alto contenuto di Thc. Le aziende, deliberatamente o per ignoranza delle normative previste, hanno messo in commercio prodotti non sicuri, esponendo i consumatori a rischi per la salute. Si tratta di un mercato in forte crescita ed è bene richiamare a un maggior senso di responsabilità tutta la filiera produttiva. Certo, il quadro legislativo non aiuta, perché ci si muove in un’area grigia di confine tra norme che regolano stupefacenti, farmaci e alimenti. Per questi prodotti, ci vorrebbe una regolamentazione più severa che preveda obblighi specifici per l’etichettatura e valutazioni sulla sicurezza prima della commercializzazione”.
Nicola Miglino