Fibromialgia: ecco la dieta che riduce lo stato infiammatorio  

30 Settembre 2020

Colpisce tra il 2 e l’8% per cento della popolazione, in prevalenza donne, con una sintomatologia variegata e poco specifica tale per cui ancora oggi parte della comunità scientifica, non essendoci marker diagnostici, la considera una psicopatologia. Parliamo della fibromialgia, la cui cura è ancora lontana dall’essere trovata ma che vede invece nell’approccio dietetico un utile presidio di supporto per la gestione dei sintomi, come ribadito da un recente lavoro apparso su Nutrients. Ne abbiamo parlato con due delle Autrici, entrambe del dipartimento di Medicina sperimentale e clinica dell’Università degli Studi di Firenze: Giuditta Pagliai e Barbara Colombini, docente di Fisiologia presso l’ateneo toscano.

P.ssa Colombini, che cos’è la fibromialgia?

Si tratta di una complessa sindrome multifattoriale, caratterizzata da dolore cronico diffuso, spesso associato a fatica severa, disturbi del sonno, alterazioni cognitive, disturbi gastrointestinali, depressione, emicrania e una costellazione di altri sintomi funzionali. È una patologia a eziologia sconosciuta, molto frequente in tutto il mondo con un’incidenza tra il 2 e l’8% e una maggiore prevalenza nelle donne. Da sempre, scienziati e medici dibattono sulla reale esistenza della fibromialgia, spesso ritenuta una condizione psicologica più che una vera patologia dal momento che non esistono esami ematici o strumentali per farne diagnosi certa. I soggetti fibromialgici possono infatti aspettare anni prima di averla, aggravando anche la componente di ansia e di disturbi dell’umore associati alla patologia.  In realtà, studi recenti hanno evidenziato che i pazienti fibromialgici hanno una amplificazione delle sensazioni dolorifiche e una riduzione dei normali meccanismi fisiologici di inibizione del dolore.

Quali sono le cure oggi disponibili?

Purtroppo, a oggi, non esiste una cura efficace per il trattamento degli svariati sintomi della fibromialgia. Le recenti linee guida suggeriscono che l’approccio terapeutico ottimale sia multidisciplinare, con interventi di tipo farmacologico e non. Gli esperti consigliano che la terapia non farmacologica sia la scelta di prima linea e che solo in mancanza di efficacia si prenda in considerazione una terapia farmacologica personalizzata. In Italia, gli unici due farmaci autorizzati per il trattamento della fibromialgia appartengono alla classe degli antidepressivi e degli antiepilettici e oltre a questi ne vengono comunemente usati altri su base empirica. Tra gli interventi non farmacologici consigliati ci sono una moderata attività fisica, una dieta adeguata, l’agopuntura e interventi di supporto psicologico. In generale è consigliato uno stile di vita sano ed equilibrato e anche la perdita di peso.

Tra i vari approcci terapeutici rientra anche quello dietetico-nutrizionale: in base a quali evidenze?

Numerosi studi hanno dimostrato che l’infiammazione sistemica di basso grado, una preponderanza dello stato ossidativo, un’insufficiente capacità antiossidante e una carenza di vitamine e minerali potrebbero contribuire allo sviluppo della fibromialgia, riducendo la soglia del dolore e causando fatica e disturbi dell’umore. Pertanto, secondo diversi studi, una dieta adeguata potrebbe risultare utile per ridurre lo stato infiammatorio, riequilibrare lo stato redox dell’organismo e di conseguenza migliorare la sintomatologia dei pazienti.

D.ssa Pagliai, quali interventi nutrizionali sono suggeriti?

A fronte delle numerose informazioni non scientifiche facilmente reperibili in rete, le evidenze sulla relazione tra alimentazione e fibromialgia sono invece piuttosto scarse. La prima cosa da raccomandare dovrebbe essere una dieta ipocalorica per normalizzare il peso corporeo, poiché i soggetti in sovrappeso o obesi presentano solitamente una sintomatologia più severa. Purtroppo, non esiste una dieta specifica che risulti efficace per tutti i pazienti, dal momento che gli studi in letteratura mostrano spesso risultati contrastanti. Allo stesso tempo, però, è importante sottolineare che i pazienti sembrano trarre numerosi benefici da un miglioramento delle proprie abitudini alimentari. Gli studi condotti hanno infatti mostrato una riduzione dei sintomi tipici della patologia, primi fra tutti il dolore diffuso e i disturbi gastrointestinali, con diversi tipi di interventi nutrizionali, come la dieta low-Fodmaps, le diete vegetariane, quelle senza glutine, prive di glutammato di sodio e aspartame, o la dieta mediterranea. Inoltre, uno studio d’intervento effettuato dal nostro gruppo di ricerca guidato da Francesco Sofi, direttore della Sod di Nutrizione clinica dell’Aou Careggi di Firenze, ha evidenziato che una dieta a sostituzione con prodotti a base di grani antichi ricchi di vitamine e minerali risulta efficace nel miglioramento del dolore diffuso, della qualità del sonno e dell’impatto della patologia sulle attività quotidiane.

Quali sono invece le evidenze sull’impiego di integratori?

I soggetti con fibromialgia presentano spesso carenze di magnesio, selenio, vitamine del gruppo B, vitamina C e D. Uno studio ha rivelato che il 73% dei soggetti affetti da fibromialgia utilizza integratori alimentari e il 61% di questi ne è diventato utilizzatore dopo l’insorgenza della malattia. Tuttavia, una recente metanalisi ha mostrato poche prove a sostegno dell'ipotesi che le carenze di vitamine e minerali possano svolgere un ruolo significativo nello sviluppo della fibromialgia o che l’uso di integratori possa essere efficace in questi pazienti. In ogni caso, gli esperti raccomandano una supplementazione qualora ci siano effettive carenze di specifici micronutrienti.

P.ssa Colombini, quali conclusioni possiamo dunque trarre?

I dati in letteratura sembrano dimostrare che la dieta abbia un ruolo cruciale nella gestione della fibromialgia. Il miglioramento dei sintomi ottenuto con una dieta sana e adeguata, ricca di alimenti di origine vegetale, antiossidanti e fibre suggerisce che, sia la perdita di peso che la correzione di eventuali carenze nutrizionali possano avere un ruolo importante nel trattamento della patologia. Tuttavia, dobbiamo interpretare con cautela le evidenze oggi disponibili poiché gli studi di intervento sono pochi, effettuati su piccoli numeri e presentano diversi limiti metodologici. Pertanto, sebbene l’intervento nutrizionale sembri un approccio promettente per il trattamento della fibromialgia, sicuramente sono necessari ulteriori studi per fornire le strategie più efficaci per la gestione di questa patologia.

Nicola Miglino

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