Sushi, sashimi, soia e alghe: così il fegato si difende dalla steatosi

08 Maggio 2023

Il cibo giapponese è un utile supporto per rallentare la progressione di danno al fegato in chi soffre di steatosi epatica non alcolica (Nash). A sostenerlo, un recente studio pubblicato su Nutrients da un gruppo di ricercatori della Osaka University.

Sotto esame, 136 pazienti Nash afferenti all’Osaka Metropolitan University Hospital, la cui aderenza a una cucina tipicamente giapponese è stata valutata tramite il Japanese diet index (mJDI12), sulla base di 12 gruppi alimentari tipici, dal riso, alla zuppa di miso, da piatti a base di soia, a funghi e frutti mare, per fare qualche esempio. La progressione della fibrosi, sui punteggi Agile 3+ ottenuti tramite Fibroscan.

Il gruppo con un mJDI12 più alto ha mostrato un grado inferiore di progressione della malattia. Tre i gruppi alimentari più virtuosi: prodotti a base di soia, frutti di mare/pesce e alghe. Chi consumava maggiormente prodotti a base di soia, inoltre, presentava una massa muscolare più pronunciata.

I tre alimenti più influenti citati nello studio, secondo gli Autori, condividono almeno una proprietà: sono a basso contenuto di grassi. I semi di soia, per esempio, sono ricchi di fibre vegetali e a basso contenuto di grassi saturi. La stessa soia, inoltre, contiene tutti gli aminoacidi essenziali per supportare la produzione di proteine ​​muscolari, i frutti di mare sono ricchi di acidi grassi omega-3 e vitamine come D e B2 e hanno proprietà antinfiammatorie. Il pesce è anche ricco di calcio e fosforo ed è un'ottima fonte di minerali, come ferro, zinco, iodio, magnesio e potassio. Le alghe giapponesi, infine, sono ricche di polifenoli, vitamine e minerali.

Da qui le conclusioni: “Sappiamo quanto la Dieta mediterranea sia utile in pazienti con Nash. Con i nostri dati possiamo dire, però, con certezza, che anche il modello giapponese apporta benefici sulla progressione della fibrosi, con l’evidenza ulteriore, per quanto riguarda la soia, di vantaggi anche sul fronte dell’aumento della massa muscolare, laddove sappiamo quanto la sarcopenia sia una comorbilità importante in questi pazienti”.

Nicola Miglino

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