Fibre nella dieta, importanti alleate nella lotta all’antibiotico-resistenza

10 Giugno 2022

Aumentare la quantità di fibre presenti nella dieta, provenienti da diverse fonti, migliora la composizione del microbiota e riduce la presenza nell’intestino di batteri che sviluppano i geni della resistenza agli antibiotici.

La quantità giornaliera ideale di fibre, indicata in uno studio pubblicato su mBio, rivista dell’American society of microbiology, è di almeno 8-10 grammi di fibra solubile: arricchire la propria tavola con cereali integrali, fagioli, lenticchie, noci e alcuni tipi di frutta e verdura riduce le probabilità di far proliferare nel proprio organismo batteri che posseggono il gene della resistenza a farmaci comunemente usati contro le infezioni come le tetracicline e gli amminoglicosidi.

Monitorando l’impatto dell’alimentazione sul microbiota intestinale di 290 adulti in salute, i ricercatori hanno scoperto che il consumo regolare di molte fibre e poche proteine, con ridotte quantità in particolare di manzo e di maiale, era significativamente associato a livelli più bassi di geni di resistenza agli antimicrobici tra i microbi intestinali.

Inoltre, le persone con livelli più bassi dei geni della resistenza nel microbiota intestinale avevano anche maggiori quantità di microbi anaerobici stretti (o obbligati), un tipo di batteri che non prospera in presenza di ossigeno, indicativi di un intestino sano con bassa infiammazione. Ma per ridurre la resistenza ed evitare di trasformare l’intestino in un covo di super-batteri, non conta solo quante fibre si consumano, ma quanto è varia la dieta.

A riprova di ciò, è stato osservato che le persone con livelli più alti di geni della resistenza nel loro microbiota intestinale avevano anche una biodiversità del microbiota significativamente ridotta rispetto a chi aveva livelli bassi di geni della resistenza.

Lo studio, come spiegano gli stessi ricercatori, per la sua natura osservazionale non può fornire risultati definitivi, ma indica una possibile associazione. I partecipanti non hanno seguito una dieta particolare e non c’è stato un confronto testa a testa tra gruppo sperimentale e gruppo di controllo.

Elisabetta Torretta

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