Carenza di ferro marker di rischio cardiovascolare: crescono le evidenze

21 Ottobre 2021

Correggendo per tempo una carenza di ferro intorno ai 50 anni si potrebbe prevenire il 10% di eventi coronarici in quella fascia d’età. Questo quanto suggerito da uno studio pubblicato nei giorni scorsi su Esc hearth failure, rivista della Società europea di cardiologia (Esc).

Già studi precedenti avevano messo in evidenza una correlazione tra peggioramento del quadro clinico e anemia sideropenica in pazienti cardiopatici. L’intento della nuova ricerca è stato, invece, comprendere un eventuale legame sulla popolazione generale.

Si tratta di uno studio osservazionale che ha selezionato poco più di 12 mila persone all’interno di tre coorti europee nel contesto del BiomarCare, un progetto volto alla valutazione dei fattori di rischio cardiovascolare nella popolazione del vecchio continente. Età media, 59 anni, con il 55% donne.

La prima valutazione, al basale, ha preso in esame indicatori di rischio cardiovascolare e stile di vita, attraverso questionari ed esami del sangue. I partecipanti sono stati suddivisi in due gruppi: quelli con carenza di ferro assoluta, determinata da riserve di ferro inadeguate misurate attraverso dosaggio di ferritina, la proteina che immagazzina il ferro e quelli con carenza di ferro funzionale, determinata da insufficienza di ferritina e transferrina, la principale proteina di trasporto di ferro nel sangue.

Nel tempo, sono stati monitorati rispetto alla comparsa di eventi o morte cardiovascolari piuttosto che morte per qualsiasi causa, escludendo quanti già avevano una storia di malattia coronarica pregressa.

All’inizio del periodo di osservazione, il 60% dei partecipanti presentava una carenza di ferro assoluta e il 64% una carenza di ferro funzionale. Durante un follow-up medio di circa 13 anni ci sono stati 2.212 (18,2%) decessi, di cui 573 (4,7%) per cause cardiovascolari. Malattia coronarica e ictus sono stati diagnosticati rispettivamente in 1.033 (8,5%) e 766 (6,3%) partecipanti. Chi presentava una carenza di ferro funzionale registrava un rischio di malattia coronarica, mortalità cardiovascolare e per tutte le cause superiore rispettivamente del 24, 26, 12% rispetto a chi aveva livelli regolari di ferritina e transferrina

La carenza assoluta di ferro, a sua volta, determinava un rischio di malattia coronarica del 20% superiore rispetto a chi presentava livelli fisiologici di ferritina, senza però maggior rischio di mortalità. Nessuna correlazione, infine, tra stato sideremico e incidenza di ictus.

Attraverso modelli di calcolo aggiustati per età, sesso, fumo, colesterolo, pressione sanguigna, diabete, indice di massa corporea e infiammazione, i ricercatori hanno stabilito che, in un periodo di 10 anni, il 5,4% di tutte le morti, l’11,7% delle morti cardiovascolari e il 10,7% di nuove diagnosi di malattia coronarica verificatesi nello studio sarebbero da attribuire a una carenza di ferro funzionale.

Così commenta Benedikt Schrage, cardiologo dell’Università di Amburgo e prima firma della ricerca: “Lo studio mostra quanto la carenza di ferro fosse altamente prevalente in questa popolazione di mezza età, con quasi due terzi in deficit funzionale: questi individui avevano più probabilità di sviluppare malattie cardiache e avevano anche più probabilità di morire durante i successivi 13 anni. Si tratta di uno studio osservazionale e non possiamo concludere che la carenza di ferro provoca malattie cardiache; tuttavia, emerge con evidenza sempre maggiore che esiste un legame e questi risultati forniscono la base per ulteriori ricerche utili a confermare le nostre osservazioni”.

Nicola Miglino

 

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