Covid-19, studio italiano mette in guardia sulla correlazione tra stato nutrizionale e prognosi

06 Luglio 2021

Un deficit nutrizionale prima o durante il ricovero in pazienti Covid-19 non critici va considerato fattore prognostico per aggravamento della malattia. Da qui, la necessità di mettere al centro dell’approccio terapeutico la cura anche del profilo dietetico per evitare un peggioramento del quadro clinico. Una lezione utile, che serve da esempio su quanto il supporto nutrizionale possa essere d’aiuto in molti ambiti della pratica medica. Queste, in sintesi, le conclusioni di Nutricovid-19, il più ampio studio multicentrico mai condotto sulle tematiche nutrizionali nel corso della prima ondata pandemica, i cui risultati sono in corso di pubblicazione su Clinical nutrition.

Si tratta di una ricerca che ha coinvolto 11 centri ospedalieri italiani e circa 1.400 pazienti Covid -19 non critici, per i quali è stato necessario il ricovero nei primi mesi della pandemia.

Obiettivo: valutare la correlazione tra alcuni parametri di screening nutrizionale (Bmi, perdita di peso, ridotto introito calorico) e l’evoluzione clinica della malattia, in termini di necessità di ricovero in terapia intensiva o morte.

“Tra i attori prognostici di aggravamento della malattia, il più significativo è risultato il deficit nutrizionale, ovvero il calo dell’intake nei tre giorni precedenti il ricovero e previsto da parte del medico di reparto nei 3-5 giorni successivi”, spiega Riccardo Caccialanza, direttore dell’Uoc di Dietetica e Nutrizione clinica al Policlinico San Matteo di Pavia e coordinatore dello studio. “Un dato che conferma quanto già visto in precedenza nell’evoluzione clinica della malattia in pazienti ricoverati in terapia intensiva. Altro risultato interessante è stata la differenziazione del paziente obeso con comorbidità rispetto a quello senza. Nello specifico, abbiamo notato che l’obeso senza patologie concomitanti ha una prognosi migliore. Finora, gli studi su Covid e obesità non hanno mai preso in esame queste specifiche differenze. Quello che possiamo desumere da Nutricovid-19 è che sarebbe bene indentificare in maniera precoce i soggetti critici che presentano deficit nutrizionale e intervenire prontamente con un sopporto dietetico. Questo, però, vale per i pazienti Covid, così come in tante altre aree cliniche nelle quali è ormai chiaro come il deficit nutrizionale comporti peggioramenti dello stato di salute. Pensiamo ai pazienti oncologici, piuttosto che ai soggetti anziani o ai tanti ambiti della medicina interna. Si tratta di un aspetto che oggi non può più essere ignorato. Il paziente va nutrito, che sia in terapia intensiva o no, Covid o non Covid. È ora che su questo fronte si concentri l’attenzione di tutti, dagli specialisti alle istituzioni, sia livello regionale che nazionale. L’ambito nutrizionale è troppo spesso sottovalutato e banalizzato. Ci sono studi di costo/efficacia che dimostrano come trattare in maniera tempestiva il deficit nutrizionale in diverse patologie si associ a prognosi migliori e grandi risparmi sotto il profilo economico. Se possiamo trarre una lezione da questa esperienza pandemica è che bisogna iniziare a mettere in fila le priorità: quella nutrizionale è tra le più strategiche, sia sotto il profilo terapeutico che preventivo”.

Nicola Miglino

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