Brescia, al via studio su estratto da buccia di limone contro il declino cognitivo

14 Aprile 2021

Un fitocomplesso estratto dalla buccia del limone per rallentare il declino cognitivo negli anziani. La sfida viene lanciata dall’Irccs Istituto centro San Giovanni di Dio-Fatebenefratelli di Brescia che, nei giorni scorsi, ha annunciato l’avvio di uno studio pilota randomizzato, controllato vs placebo, per valutare l’effetto clinico e biologico di un estratto dalla buccia di limone, standardizzato nel contenuto di auraptene e naringenina (400 mg/die), su funzione cognitiva e alcuni biomarcatori in anziani con declino cognitivo soggettivo.

La ricerca, finanziata dalla Fondazione Wilhelm Doerenkamp, prevede che, per nove mesi, 80 persone affette da declino cognitivo, di età tra i 60 e i 75 anni, assumano un placebo o il fitocomplesso, prodotto presso il laboratorio di Chimica delle sostanze naturali del dipartimento di Farmacia dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara e somministrato sottoforma di estratto secco, in capsule. La capsula verrà somministrata al mattino, appena alzati, in concomitanza con terapie farmacologiche già in atto.

“La buccia del limone è molto ricca di fitochimici”, sottolinea Samantha Galluzzi, responsabile dello studio presso l’Irccs Fatebenefratelli. “In particolare, due di questi, l’auraptene, della famiglia dei cumarinici, e la naringenina, della famiglia dei flavonoidi, hanno suscitato l’interesse della ricerca scientifica. Alcuni studi su topi con diversi tipi di danno cerebrale, tra cui quello tipico della malattia di Alzheimer, hanno dimostrato che auraptene e naringenina esercitano un effetto neuroprotettivo, antinfiammatorio e antiossidante e migliorano la memoria e l’apprendimento. Inoltre, in uno studio clinico, auraptene è stato somministrato a un gruppo di anziani sani dimostrando un potenziamento della funzione di memoria immediata rispetto al placebo. Questi dati supportano l’idea di uno studio scientifico sul potenziamento cognitivo nell’anziano e sui meccanismi biologici sottostanti. Tali meccanismi si possono studiare attraverso la misurazione, nel sangue, di biomarcatori quali ormoni, fattori di crescita neuronali, citochine e recettori coinvolti nei processi riparativi cerebrali”.

Lo studio è stato avviato da poco e se ne prevedere la chiusura in un paio di anni, con comunicazione finale dei dati verso metà-fine 2023.

Nicola Miglino

 

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